Pd, sabato la Direzione regionale. Soru tiene il punto. Lo stallo prosegue

La soluzione per uscire dalla crisi sembra lontana: Soru non si dimetterà, ma al momento non ha nemmeno i numeri per governare il partito.

Sabato mattina il Pd sardo torna a riunirsi. A Oristano è convocata la Direzione regionale per provare a sbrogliare la matassa dopo l’uscita dalla maggioranza degli ormai ex alleati di Renato Soru. Ovvero, le correnti di Antonello Cabras, Paolo Fadda e Silvio Lai che formano l’area popolare-riformista. Ma le possibilità di manovra sembrano ingessate. Vediamo le ragioni.

Il primo nodo è legato alla segreteria: Soru l’ha sospesa nella Direzione di due settimane fa, in risposta agli ex alleati che di fatto hanno chiesto le sue dimissioni. Ma c’è anche un problema normativo: in base all’articolo 24 dello Statuto regionale, la segreteria “è composta da un minimo di cinque a un massimo di quindici membri”, si legge. Al momento, al netto della sospensione, sono rimasti in quattro: Barbara Argiolas, Luca Clemente, Mauro Coni e Andrea Murgia. Il 23 gennaio scorso hanno restituito le deleghe i rappresentanti dell’area riformista: Carlo Careddu, Giuseppe Frau, Dolores Lai e Romina Mura. Si aggiunga che Francesca Fantato, esponente degli ex civatiani, ha lasciato due sabati fa, “in attesa che nel partito si chiarisca la situazione”. Vero che della segreteria, per Statuto, fanno parte anche il tesoriere (Eliseo Secci) e il capogruppo in Consiglio regionale (Pietro Cocco). Ma si tratta di un’adesione “per funzione”, e pertanto i due vanno esclusi dal conteggio. In definitiva, i membri della segreteria non raggiungono il numero minimo previsto dallo Statuto.

Proprio in virtù di quanto prevede l’articolo 24, domenica sera Giacomo Spissu, portavoce dell’area popolare-riformista, ha diffuso una nota nella quale ha parlato di “segreteria decaduta, a causa del venir meno del numero minimo di componenti”. Spissu ha così chiesto che “una nuova squadra venga messa al voto nella Direzione regionale di sabato prossimo”. La segreteria, in realtà, non è sottoposta al voto. Sempre in base all’articolo 24, le deleghe sono assegnate dal segretario. Ma è evidente che se Soru nominasse solo suoi uomini, gli ex alleati gli farebbero mancare i numeri alla prima occasione utile, sia in Direzione che in Assemblea, quando si votano documenti programmatici e ordini del giorno. E certificare di non avere la maggioranza equivale a una sfiducia.

Va rilevato che per Soru il non avere i numeri è anche una conseguenza degli equilibri interni Infatti: la minoranza, guidata dall’area del senatore Ignazio Angioni, ha deciso di non diventare la stampella del segretario, ma nemmeno quella degli ex alleati. Il gruppo, infatti, si astiene da ogni votazione. Un’identica scelta l’hanno fatta gli ex civatiani de La Traversata,

In questo quadro vien da sé che nel Pd tutto lo spazio del conflitto è occupato dall’ex maggioranza congressuale andata in frantumi, un’ex maggioranza che sembra aver imboccato una strada senza uscita. Perché nemmeno i soriani hanno i numeri per governare il partito in autonomia. Non solo: se per caso la strategia del correntone popolare-riformista fosse quella di spingere Soru verso le dimissioni, questa possibilità viene esclusa dal segretario, filtra dal suo entourage. E nemmeno pare praticabile la soluzione della tregua, perché ciò implicherebbe che la linea del partito venisse decisa da Cabras, Fadda e Lai. L’eurodeputato a quel punto diventerebbe un leader senza poteri.

Nel Pd c’è una sola via per rimescolare le carte: si dovrebbe formare nuova maggioranza, pescando pezzi nella minoranza. Ma i tempi non sembrano ancora maturi, specie per la coincidenza col voto delle Comunali di maggio.

Sabato ci capirà se la Direzione regionale sarà solo un altro passaggio a vuoto, come nell’ipotesi più probabile, oppure il segretario metterà sul piatto la ricetta per uscire dalla crisi. E dallo stallo. In ogni caso, Soru verrà chiamato a chiarire la propria posizione ‘tecnica’: perché due sabati fa ha congelato la segreteria, e ciò è stato letto anche come un’autosospensione. L’eurodeputato, invece, sostiene di aver bloccato temporaneamente solo gli incarichi dei delegati e non anche il proprio. Questo elemento è diventato un ulteriore terreno di scontro nel partito. “Nella Direzione del 13 febbraio – ha scritto ancora Spissu – davanti a un centinaio di persone il segretario ha annunciato di essersi autosospeso. Poi ha poi dichiarato di no. Ne prendiamo atto senza commenti”.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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