Pd, Comandini attende l’investitura a segretario. Ma la figuraccia di Quartu pesa

Alessandra Carta

Il Pd sardo si risveglia dalle Primarie del 26 febbraio più vecchio di prima. A quattro giorni dal voto di domenica, con la chiamata alle urne rossoverdi che avrebbe dovuto segnare la rinascita del partito, i dem dell’Isola sono ancora senza segretario per via del ‘furto’ di seggi deciso dalla componente del segretario in pectore, Piero Comandini. Il fattaccio è accaduto a Quartu, dove poi ha vinto Giuseppe Meloni, l’altro candidato alla guida del partito, il più votato di questa tornata elettorale dem, ma condannato a una sconfitta quasi certa per via del cervellotico meccanismo di composizione dell’Assemblea con i delegati assegnati su base proporzionale in base alla grandezza degli otto collegi in cui è divisa la Sardegna.

Comandini domani saprà con certezza quanti seggi sono stati assegnati alla sua lista. Se verrà confermato che ha superato quota 65, ovvero l’esatta metà dei 130 componenti dell’Assemblea, la risicatissima maggioranza del partito sarà sua. Avant’ieri, dalla Commissione di garanzia riunita nella sede regionale di via Emilia a Cagliari per procedere con lo scrutinio delle schede quartesi, è venuto fuori che Comandini dovrebbe chiudere a 66 delegati contro i 64 di Meloni. Poi c’è stata l’incognita Gallura che ha fatto slittare ulteriormente il verdetto. Oggi, sempre nel quartier generale del capoluogo, è programmata la nuova riunione dei maggiorenti cui spetta ufficializzare la ripartizione definitiva dei delegati.

Una volta che Sebastiano Mazzone, presidente della Commissione elettorale per il congresso, verbalizzerà l’esito delle Primarie, entro dieci giorni dovrà essere convocata l’Assemblea. E lì comincerà il bello. Il parlamento dem come primo atto avrà il compito di eleggere il presidente, e solo in seconda battuta il segretario. Da quelle primissime mosse si capirà l’aria che tira nel Pd sardo e soprattutto se sarà possibile la gestione unitaria. Quella che deve derivare dalle urne, visto che Meloni ha preso 3.053 voti in più rispetto a Comandini. Quest’ultimo si è fermato a 15.523, mentre l’altro ha raccolto 17.751 preferenze. Corrispondono rispettivamente al 54 e al 46 per cento. E per Meloni si tratta di bottino elettorale che dovrà essere tenuto in considerazione.

Meloni è sostenuto dalla componente di Antonello Cabras, Silvio Lai e Gianfranco Ganau. A queste Primarie il gruppo ha corso da solo dopo la rinuncia dei popolari di Paolo Fadda. Comandini, invece, ha ottenuto il sostegno del resto del partito: dai soriani ai lettiani passando per gli ex Ds. Per fare qualche nome, ecco Giulio Calvisi, Eliseo Secci, Gavino Manca, Marco Meloni, Tore Cherchi e Siro Marrocu.

A metà marzo, insomma, sarà chiara la direzione che il Pd sardo avrà intrapreso. E all’orizzonte non c’è un appuntamento qualunque ma il voto delle Regionali 2024. Il centrodestra ha già chiara la propria strategia: scaricare Christian Solinas è addossargli le colpe del mal governo sardo facendo leva sull’alto gradimento di Giorgia Meloni. Per contro il centrosinistra deve costruire tutto da zero, anche la coalizione. Con sempre maggiore certezza ci sarà un allargamento agli M5s, sul modello di Assemini dove il patto di governo è già stato ufficializzato, ma Pd e alleati non si possono permettere il lusso di fare tardi.

Un’ultima segnalazione: nella lista di Comandini è segnata in terza posizione Caterina Deidda, storica militante del Pd che in queste Primarie ha fatto invece campagna elettorale per Meloni. Questa situazione avrebbe pootuto generare da subito un cambio negli assetti dell’Assemblea dem. Ma si è trattato di un errore nella compilazione della lista. La Deidda ‘vera’ in questione è Cristina, anche se nel file girato compare il nome sbagliato.

Alessandra Carta

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