Laura Boldrini: “Sardi, avete un amore unico per la vostra terra. Tornerò”

Tanti piccoli pezzi di Sardegna nella valigia. Una copia di “Canne al Vento” autografata da Grazia Deledda, un frammento dei 27 chilometri di nastro celeste con i quali Maria Lai nel 1981 “legò” la gente e il paese di Ulassai alla montagna, una delle tessere che composero nel 1996 una delle sue “Spine di grano”. E poi orecchini e collane artigianali, centritavola e ceramiche. E, assieme, una cartella piena di appunti.

Laura Boldrini, appena giunta nel suo ufficio alla Camera dei deputati, fa l’inventario dei ricordi di tre giorni intensi, faticosi, straordinari. E anche sorprendenti. Perché la Sardegna che ha visto con i suoi occhi non era tutta quanta raccontata nei dossier studiati prima della partenza. Là c’erano i dati economici, le aree di crisi, le emergenze ambientali. Oggi c’è, in più, la voce di centinaia di persone incontrate in pochi giorni.

Mi ha colpito molto – dice mentre sfoglia gli appunti di viaggio – la sensibilità che ho riscontrato a tutti i livelli, dalle istituzioni regionali a quelle comunali, ai cittadini, verso le tematiche ambientali, sia in relazione ad allarmi specifici come quello per le scorie nucleari, sia con riferimento alla presenza militare. Ho riscontrato un amore e un timore per la propria terra molto più accentuati che altrove. E un sentirsi trascurati dallo Stato centrale. Tutto questo accompagnato da un orgoglio molto forte  per la propria specificità e quindi per il suo riconoscimento istituzionale. Ho avvertito preoccupazioni per la riforma del titolo quinto della Costituzione. E mi sono sentita di dire che, a mio avviso, non c’è da preoccuparsi. La specialità della Sardegna non è in discussione”.

Non lo è, di certo, quella sostanziale. Cioè la capacità dei sardi di sorprendere. Come quelle donne che l’altro giorno a Oristano sono uscite dal salone del parrucchiere con la tintura dei capelli, i bigodini, e l’asciugamano sulla testa per salutarla. La presidente le ha poi riaccompagnate nel salone dove le hanno spiegato che si stavano preparando per l’evento della serata. O l’artigiano Antonio Marchi che, dalla porta del suo laboratorio, l’ha fermata per regalarle una delle sue marionette. O quella novantenne, completamente vestita di nero, che camminava per Nuoro, alla quale ha domandato : “Cosa fa in giro con questa nebbia e con questo freddo?”. “Lo faccio tutti i giorni – è stata la risposta anche un po’ piccata – perché così allontano la morte”:

L’incontro diretto con i cittadini, un continuo bagno di folla, ha messo a dura prova le rigidità del protocollo. “Ho continuamente stravolto il programma ufficiale – racconta – per incontrare lavoratori, precari, disoccupati. Ho pensato di doverlo fare come segno di rispetto e per rendere chiaro che la mia visita ha avuto lo scopo di conoscere la realtà, i problemi, per poi veicolarli, portarli alla conoscenza delle istituzioni nazionali e del Parlamento”.

Laura Boldrini era già stata più di una volta in Sardegna. Nel 2008, quando era portavoce dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, fu ospite a Tonara di un festival culturale, l’Ichnusa Festival, visitò i laboratori dei campanacci e le fabbriche di torrone.  Parlò con tanta gente. Respirò anche le preoccupazioni per il lavoro e la crisi che cominciava a manifestarsi. “Rispetto ad allora – ricorda – ho avvertito un malessere molto più forte. Sì, anche nel 2008 c’era in molti un senso di disagio, una preoccupazione per il futuro, adesso è tutto molto più forte, molto più accentuato, come se il disagio si fosse convertito in paura”.

Una paura che, però, non basta a sopire l’orgoglio e la voglia di mostrarlo con atti di generosità e manifestazioni di affetto spontaneo non usuali. Laura Boldrini praticamente tutte le settimane è da qualche parte d’Italia – nel prossimo week end sarà a Napoli e a Casal di Principe– perché questo “andare nei territori” è uno dei punti programmatici della sua presidenza, così come il ricevere continuamente delegazioni di cittadini nel suo ufficio. Dispone dunque di un bel termometro per misurare lo stato d’animo degli italiani. Il suo giudizio sulla generosità e, assieme, sullo smarrimento dei sardi, non è dunque una semplice impressione: è un giudizio comparativo: “Questo avere a cuore la propria identità non l’ho visto, in questa misura, altrove”.

Così, quando dice che intende organizzarsi per tornare nell’Isola, non appare guidata solo dalla cortesia istituzionale. “Un vostro scrittore parlava della Sardegna come di un ‘quasi Continente’. Ecco, basta da solo: un Continente non puoi visitarlo in soli tre giorni. Bisogna tornarci. Questa volta sono venuta per onorare una promessa che avevo fatto alla Camera in occasione del convegno su Maria Lai. A Ulassai sono stata accolta con affetto e sono felice che proprio là si sia concluso questo viaggio. L’idea del ‘museo diffuso’ è un’espressione artistica straordinaria che contiene un’idea della democrazia modernissima. Che Maria Lai ha praticato regalando alla collettività la sua arte, per diffondere bellezza e consentire a tutti di goderne”.

Giovanni Maria Bellu

 

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