Intramoenia sospesa, i medici sardi contro Nieddu: “Così le liste d’attesa crescono ancora”

Una pagina e mezzo di rasoiate, osservazioni e messaggi per nulla subliminali. I medici sardi di Anaao Assomed, guidati nell’Isola da Susanna Montaldo, hanno scritto una lettera aperta a Mario Nieddu. Il tema della missiva, indirizzata anche tutti i sanitari, arriva dopo l’ultima mossa dell’assessore alla Sanità. È notizia di qualche giorno fa la decisione dell’esponente leghista di stoppare le visite intramoenia per i medici ospedalieri con l’obiettivo di ‘dirottarli’ sulle migliaia di visite specialistiche che si sono accumulate nella sanità pubblica.

Come raccontato l’altro giorno da Sardinia Post, la decisione di Nieddu – il cui comunicato stampa è stato preceduto da una deliberazione a firma della Dg Francesca Piras – fa acqua da tutte le parti. Per una ragione su tutte: l’intramoenia viene fatta fuori dall’orario di lavoro. Significa che ogni altro eventuale impegno dei medici per smaltire le visite prenotate attraverso il Cup regionale, deve avvenire su base volontaria. Non c’è nulla di automatico. La sola cosa scontata è che Nieddu ha dovuto ammettere il livello di criticità dell’assistenza medica e ospedaliera nell’Isola, con le liste d’attesa ormai fuori controllo.

In Anaao la dico diretta su Nieddu il dentista: “Probabilmente – comincia la lettera aperta – questi anni in Assessorato ti hanno fatto dimenticare quale è stata la tua professione per trenta anni”. Quindi subito un invito: “Piuttosto che indugiare in dichiarazioni pubbliche strumentali, direttamente o indirettamente offensive della nostra reputazione professionale, sarebbe opportuno che tu spiegassi alla popolazione che non ci sono più abbastanza medici negli ospedali per fare tutto. Non solo: quelli che oggi ci sono, vorrebbero andarsene in pensione, anche all’ingente costo di riscattare gli anni di studio universitario in considerazione delle intollerabili condizioni di lavoro a cui sono sottoposti. Nel contempo i giovani medici non vogliono entrare nel Servizio sanitario nazionale, soprattutto in Sardegna, perché i nostri stipendi sono tra i più bassi in Italia e le tanto sbandierate tutele sul benessere del dipendente sono solo parole”.

Il sindacato arriva così al nocciolo della questione. “Dovresti anche spiegare – sempre riferendosi a Nieddu – che il compito degli ospedali non è fare visite ambulatoriali (quelle spettano alla medicina territoriale, come poliambulatori e case della salute), ma occuparsi dell’urgenza, del paziente ricoverato e assicurarsi che ci siano abbastanza medici per garantire la copertura dei turni sulle 24 ore. Dopo l’ondata di pensionamenti degli anni scorsi, gli organici si sono ridotti all’osso, non ci sono state le necessarie assunzioni e proprio l’assessorato, non avendo altre soluzioni, aveva chiesto alle direzioni sanitarie ospedaliere di ridurre l’attività ambulatoriale per assicurare la copertura dei turni”.

È un campo minato, la sanità sarda. “In molti ospedali il turno notturno e quello festivo vengono coperti dalla guardia dipartimentale, per cui si ha solo uno specialista di branca chirurgica, ad esempio un ortopedico, come unico medico presente che si prende cura di tutti i pazienti, anche di quello ricoverato per appendicite”. Il quale se “dovesse peggiorare, non verrebbe operato dall’ortopedico, ma dai chirurghi generali in reperibilità. Una domanda sorge spontanea: la popolazione, caro Assessore, sa quanto percepisce un medico reperibile per un turno di 12 ore? Circa 20 euro lordi a turno! Meno di 2 euro lordi a ora”.

Il sindacato continua a dirla molto diretta: “È arrivata l’ora di squarciare il velo di ipocrisia che ammanta il sistema e di far conoscere i nostri stipendi. La maggior parte di noi guadagna, netti, 20/23 euro all’euro con responsabilità che non sono certo quelle di un altro mestiere. Ma non è per questo che i medici ospedalieri fanno libera professione nel loro tempo libero. La libera professione intramoenia è il diritto del cittadino di scegliere il professionista da cui essere curato. È un diritto del medico sancito dal Contratto collettivo nazionale. Tale attività è effettuata totalmente al di fuori dell’orario lavorativo. E ricordiamo che i medici ospedalieri regalano ogni anno migliaia di ore, difficili da recuperare per la carenza degli organici, e non monetizzabili, che contribuiscono a garantire il funzionamento del Sistema sanitario regionale”.

Ancora dalla lettera della segretaria regionale: “Vorrei venisse chiarito, una volta per tutte, che se il cittadino riesce a prenotare una visita in intramoenia con un medico ospedaliero per il giorno dopo, ciò è dovuto ai ridotti volumi dell’attività libero professionale, a garanzia del nostro riposo e della vostra e nostra sicurezza delle cure. L’aspetto non chiaro è contenuto nella delibera: cosa c’entrano le liste d’attesa delle prestazioni ambulatoriali con la sospensione della libera professione dei medici ospedalieri? Tali prestazioni dovrebbero essere in massima parte a carico del territorio (dei poliambulatori, consultori, case della salute) e solo in minima parte erogate dagli ospedali. Se anche si riuscisse a dotare gli ospedali di organici adeguati – e non parlo solo dei medici ma di tutto il comparto sanità – si riuscirebbe a far fronte solo in minima parte alle liste d’attesa. Questo perché in ospedale si deve privilegiare l’attività medica e infermieristica, soprattutto in urgenza, a garanzia della tempestività delle cure del paziente e l’adeguato turnover dei posti letto”.

Scrive ancora il sindacato a Nieddu: “Quest’anno le Rar, le risorse aggiuntive regionali, le hai dovute utilizzare per coprire i turni negli ospedali disagiati. Tutti tranne Cagliari e Sassari, ma anche quelli sono in gravi difficoltà. Evidentemente a questo punto non puoi utilizzarle per pagare le prestazioni ambulatoriali in libera professione per lo snellimento delle liste d’attesa, e ora non sai che risposta dare alla popolazione bisognosa di cure”.

Da Anaao spiegano perché la strategia Nieddu – l’unico in ogni caso ad averci messo la faccia, a differenza del presidente Christian Solinas che ha commentato la vicenda coi soliti toni trionfalistici – non porterà alcun risultato, a sentire i medici. “Sospendendo l’Alpi (l’Attività libero professionale in regime di intramoenia) diminuisci l’offerta non le liste di attesa, che anzi crescono. Ma se cala l’offerta, maggiori richieste determinano un’impennata del costo della prestazione. Vuol dire che se il cittadino vorrà farsi curare, dovrà pagare quello che chiederà il privato. Oppure rinuncia alle cure”.

I medici della Sardegna non hanno dubbi: “Questa delibera sul blocco delle attività intramoenia è sicuramente fonte di un danno per gli operatori della sanità. Ma soprattutto, come già spiegato sopra, è un grave danno per il paziente. Quello che risulta intollerabile è la ricerca di un capro espiatorio da dare in pasto alla popolazione, ignara di come stanno realmente le cose”. La disposizione voluta dall’assessorato è “fumo negli occhi per coprire l’assoluta mancanza di organizzazione di tutto il sistema sanità in Sardegna”. I medici non aspettano i tempi della politica: la deliberazione “verrà impugnata nelle sedi opportune”.

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