Intramoenia stoppata per smaltire liste d’attesa: altro fallimento in vista, ecco perché

Alessandra Carta

Rischia di diventare un’arma spuntata la decisione di Mario Nieddu di bloccare l’intramoenia ai medici, ovvero le visite private che i dottori possono fare – rigorosamente fuori dall’orario di lavoro – nelle strutture pubbliche in cui prestano servizio.

La misura “straordinaria e temporanea”, come ha precisato l’assessore alla Sanità, è un disperato tentativo di arginare le liste d’attesa fuori controllo: malgrado i 27,2 milioni di euro stanziati dalla Giunta di Christian Solinas negli ultimi due anni, risulta – per ammissione dello stesso Nieddu – che vi sono visite specialistiche non più prenotabili perché le troppe richieste accumulate. In altri casi, i tempi per ottenere l’appuntamento hanno superato il limite previsto dalla legge. Quindi tutto è andato in tilt.

Passati due giorni dalla decisione sull’intramoenia stoppata, sembra che Nieddu e Solinas non abbiano fato bene i conti, perché la stessa circolare diffusa dagli Uffici regionali non chiarisce come verrebbero impiegati i medici ospedalieri, una volta liberati dall’impegno delle viste private in ospedale.

Il primo limite del provvedimento – Nieddu e Solinas dovrebbe saperlo – è che nessun dipendente può essere obbligato a svolgere una determinata prestazione fuori dall’orario di lavoro. L’adesione deve avvenire su base volontaria. Quindi non è automatico che un medico accetti di fare visite specialistiche prenotate attraverso il Cup (Centro unico di prenotazione) per smaltire le liste d’attesa diventate abnormi, come certificato dalla stessa Regione.

Un medico, per contratto, lavora 38 ore a settimane, di cui quattro dedicate, sulla carta, alla formazione (ma alla fine vengono fatte tutte in corsia). Ogni sette giorni c’è la possibilità di far dieci ore di straordinario che per essere pagato va autorizzato dal direttore della struttura (il primario, per dirla come un tempo). Il costo orario è di circa 25 euro lordi. Si tratta di una misura di carattere urgente e in qualche modo imprevista.

Nel contratto di lavoro di un medico sono previste poi le cosiddette prestazioni aggiuntive: dietro la firma di un contratto di tipo privatistico, quindi oltre quello ordinario e collettivo, possono essere richieste ore di lavoro in più per attività programmate dall’ospedale. anto da richiedere in anticipo la disponibilità del medico attraverso un accordo ulteriore. In questo caso il costo orario riconosciuto dalla Asl è di 60 euro lordi.

Con lo stop all’intramoenia nulla di tutto questo è stato previsto. Nieddu ha bloccato l’attività privata dei medici ospedalieri ma non ha spiegato come questi verranno reclutati per smaltire le liste d’attesa. Per ora l’unica certezza è che l’assessore – mettendoci la faccia a differenza di Solinas – ha dovuto ammettere l’ennesimo fallimento. Il governatore è intervenuto solo su richiesta dei giornalisti, ieri a margine di un convegno a Cagliari: ha detto che è tutta colpa del Covid. Nessun riferimento ai 27,2 milioni stanziati e su cui Solinas non ha sentito il bisogno di chiarire alcunché.

Fatto sta che smaltire l’arretrato delle liste d’attesa non può essere un obiettivo da raggiungere attraverso lo straordinario. Al massimo le Asl potrebbero ricorrere alle prestazioni aggiuntive. Ma non è detto che per 60 euro lordi i medici ospedalieri accettino. Anche se a differenza di quanto avviene negli studi privati, con le visite intramoenia un dottore guadagna molto meno perché la metà di quanto il paziente paga resta all’ospedale dove lavora; sull’altra metà vanno pagate le tasse.

Alessandra Carta

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