Il terzo sardo al Quirinale? La Rete parla di Luigi Manconi

Non è la più probabile delle ipotesi. Ma siamo in Italia, e non si sa mai. E ha sorpreso l’accoglienza che ha avuto sul web, certamente anche grazie alla forza delle argomentazioni che lo scrittore Christian Raimo ha addotto a sostegno della proposta di mandare al Quirinale un altro sardo (e sassarese) dopo Antonio Segni e Francesco Cossiga: Luigi Manconi, senatore del Partito democratico, e presidente della commissione Diritti umani del Senato.

Raimo ha lanciato la proposta in un articolo per il Post diretto da Luca Sofri. Un ambiente “amico”, dunque. Ma anche molto critico e “scafato”. Insomma, il coro di commenti favorevoli con cui è stata accolta non era scontato. Nè l’alto numero di tweet che l’ha accompagnata nella Rete.

“Ho un’idea per il Presidente della Repubblica – è l’incipit dell’articolo. Ce l’ho ormai da mesi, e non capisco perché a nessuno sia venuta in mente. Dopo il pasticcio di due anni fa, i centouno, le candidature di Rodotà, Marini e Prodi trattate in modo talmente sciatto da far tornare sui suoi passi il quasi novantenne Giorgio Napolitano, dopo questo secondo mandato vissuto come un’emergenza patria, e ora l’evocazione di nomi condivisi, superpartes, società civile, riccardimuti, casta ma non troppo tipo Veltroni o Mattarella, davvero mi meraviglio che nessuno abbia fatto un nome talmente semplice come quello di Luigi Manconi”.

Segue, in 19 capitoletti, l’elenco delle ragioni a sostegno della scelta di Manconi: la credibilità istituzionale, il suo essere indubitabilmente di sinistra e allo stesso tempo convintamente garantista (fatto che lo rende gradito al centrodestra “migliorista”), il suo impegno per i diritti, l’instancabile capacità lavorativa (al Senato “alle dieci di sera è spesso l’uomo che gli uscieri devono stare attenti a non chiudere dentro”), il suo essere stato dirigente dei Verdi quando si proposero come la “vera novità” della politica europea, l’essere un laico capace di stabilire “in modo non strumentale” relazioni col mondo cattolico, e un’altra serie di talenti. Anche quello di essere un ipovedente che mostra “cosa vuol dire, in una condizione di handicap, poter esercitare in maniera iperefficiente il proprio lavoro”. E di essere “molto simpatico”.

Nella lunga lista di qualità, ce n’è una – la diciottesima: “essere odiato da Travaglio” – che ha un po’, a leggere i commenti, spostato il discorso. E che i “pro Travaglio” hanno comprensibilmente utilizzato come argomento contrario: il presidente della Repubblica, dicono, deve stare più in alto rispetto a certi conflitti. Ma altri commentatori, all’opposto, aggiungo alla lista alcuni “meriti divisivi”, andando indietro nel tempo, fino alla militanza di Manconi in Lotta continua. C’è chi aggiunge ai titoli il fatto che Luigi Manconi scrisse una versione italiana e movimentista dell’Internazionale. E chi (tradendo la provenienza del messaggio), è animato dal campanile: “Sassari – scrive Francesco P. – tornerebbe a condurre nella classifica del numero dei presidenti eletti, staccando Napoli”.

E il diretto interessato? Nessun commento, ovviamente. Ma è facile immaginarlo lunsingato e divertito. Certo Manconi, tra le qualità, avrebbe anche quella di essere una figura nuova e sorprendente, ma non di rottura rispetto alla presidenza di Giorgio Napolitano verso cui ha pronunciato, anche nei giorni scorsi, parole di stima e di apprezzamento.

Nicolò Businco

 

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