Lunedì il Partito democratico ha deciso: primarie il 29 settembre e, prima, la definizione delle regole col tavolo del centrosinistra. Ma adesso è il tavolo a traballare. I Rossomori, infatti, minacciano di abbandonarlo.
In un nota diffusa in serata, infatti, rilevano che sarebbe sul punto di diventare operativo un accordo tra Pd e Pdl per arrivare a una nuova legge elettorale “che introduce, per le prossime elezioni regionali, limiti di sbarramento irragionevoli se non per garantire partiti che ritengono di essere ancora grandi e consiglieri uscenti che mirano alla propria personale sopravvivenza”.
Bene, se la cosa dovesse andare avanti, per i Rossomori sarà una “violazione del patto di coalizione assunto al tavolo del centrosinistra in ordine alla democraticità delle rappresentanze”. E in tal caso si determinerà una “condizione di impraticabilità a proseguire qualsiasi ulteriore rapporto con chi non rispetta i patti assunti e sottoscritti”.
In altre parole: se il Pd va avanti nell’ipotesi dell’accordo col Pdl per una legge elettorale che escluda dal Consiglio le forze politiche minori, i Rossomori andranno per conto loro.
Nons arebbe neanche una novità. Perché anche nel corso della formazione delle liste per le Politiche, i Rossomori ruppero col Partito democratico che, temendo di perdere un posto al Senato, non volle l’alleanza elettorale.
I Rossomori, i cui leader è Gesuino Muledda, sono nati da una scissione del Psd’Az dopo l’alleanza dei sardisti col centrodestra. Hanno fatto parte nel 2009 dell’alleanza che sostenne Renato Soru nello sfortunato tentativo di tornare al governo dell’Isola.