Sale e Oppi, il diavolo e l’acqua santa al primo giorno di scuola

Gavino Sale e Giorgio Oppi, il diavolo e l’acqua santa della XV legislatura. Oppi, líder máximo dell’Udc, è ancora in Consiglio dopo ventisette anni di mandato, tanti quanti Nelson Mandela ne aveva passati in carcere. Ventisette anni spalmati in quaranta e più carriera politica, comprese le tappe in Parlamento. Sale, la guida dell’iRs, ne ha impiegati altrettanti per approdare nell’Aula di via Roma. Professione l’una, militanza l’altra: due destini che questa mattina si sono incrociati per la prima volta dentro il Palazzo.

Oppi fa la sua comparsa nel bar del Consiglio quando mezzogiorno e mezzo è passato da poco. “Eccomi”, esordisce sorridente. “Cosa volete che vi dica? Queste elezioni le abbiamo vinte noi. Le nostre liste hanno preso 10mila voti in più rispetto a quelle del centrosinistra. Eppure eravamo sette partiti contro undici. Ci ha penalizzato la politica dei dispetti, quella fatta da Claudia Lombardo e da Mauro Pili. E se solo Michela Murgia avesse preso 2-3 punti in più, al governo ci saremmo ancora noi. Si aggiunga una scheda elettorale assurda”.

Gode di ottima autostima, Oppi: “Credo di essere una persona ben voluta e apprezzata da tutti. Ma non sono in corsa per fare il vicepresidente del Consiglio, anche se l’incarico ci spetterebbe, visto che siamo il secondo partito della coalizione. L’Udc sceglierà un questore, e credo che sarò io. Un incarico senza indennità. Il capogruppo lo faranno gli altri miei consiglieri, a turno, abbiamo già deciso tutto”. Quindi l’affondo sullo strappo nel centrosinistra che ha perso due voti con l’elezione di Gianfranco Ganau alla presidenza: “Segno di un malumore, anche se il clima dell’Aula è buono, speriamo prosegua”.

Sale al bar ci passa giusto davanti per guadagnare l’uscita. E la domanda che gli viene rivolta è sempre la stessa. “Ma ha giurato o no fedeltà alla Repubblica?”. Di certo ha tentennato, l’indipendentista dell’iRs che ha passato la vita a chiedere la secessione dallo Stato italiano, anche se Sale punta al separatismo con un passaggio morbido. “Diciamo che in quel momento sono svenuto, ero in bilico”. Insomma, l’onorevole non deve aver detto “lo giuro”, a differenza degli altri 59 consiglieri più i 12 assessori che, convintamente, hanno ripetuto a turno quella promessa solenne.

I supporter dell’iRs si raccolgono sotto i portici di via Roma, la giornata è storica. E sono i militanti a parlare al posto del neoconsigliere indipendentista. “Porteremo in Aula le nostre storiche battaglie, quelle fatte per anni nelle piazze e poi nelle assise comunali e provinciali. Vuol dire – spiega Giovanni Ruggiu, portavoce del movimento – difesa della lingua e della cultura sarda, così come la rivendicazione della sovranità per il nostro territorio. Servitù militari non ne vogliamo”.

Alessandra Carta

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