Ganau a Boldrini: “Nuovo Statuto sardo per rinnovare il patto con lo Stato”

Un nuovo Statuto come un rinnovato patto che coinvolge in responsabilità comuni lo Stato e la Regione, perché la fase difficile che il Paese sta attraversando non può giustificare in alcun modo il superamento dell’autonomia e della specialità”. Così il presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Gianfranco Ganau, ha ricordato alla presidente della Camera, Laura Boldrini, le ragioni dell’autonomia dell’Isola. “Da anni il dibattito regionale evidenzia l’insufficienza dello Statuto del 1948, sia per il suo carattere riduttivo originario, sia per il quadro delle funzioni oggi inadeguato rispetto agli obiettivi – ha sottolineato – Insufficienza che non significa necessità di superamento ma richiesta di maggiori poteri e maggiore autonomia perché è comune e ribadita la convinzione che le ragioni della specialità permangano e siano anzi rafforzate, necessitando oggi come ieri di politiche con forte accentuazione regionale”. Secondo il presidente dell’Assemblea sarda, “il rapporto univoco e bilaterale tra la Sardegna e lo Stato, che ha dimostrato tutta la sua debolezza fin delle origini, ha visto la regione impegnata in un combattimento impari che l’ha isolata nei confronti del movimento regionale complessivo e che ha prodotto un ritardo culturale e istituzionale, depotenziando l’autonomia effettiva”. Ganau ha sollecitato “politiche e dunque poteri con finalità di compensazione, ad esempio per il superamento dei limiti dell’insularità, politiche attive specifiche, dal momento che l’Isola nonostante abbia l’indice infrastrutturale delle ferrovie più basso d’Italia, è di fatto esclusa dai grandi progetti (spesso a dimensione europea) che passano per il Continente; poteri autonomi di organizzazione e diffusione dei servizi nel territorio che considerino i caratteri geografici e la scarsa densità della popolazione. Poteri con finalità di tutela e valorizzazione legati alle identità linguistica e culturale e alla specificità del territorio e dell’ambiente”. Infine il presidente del Consiglio sottolinea che “la Sardegna, che non si è mai sottratta ai suoi doveri di solidarietà nei confronti del Paese chiede oggi, come 66 anni fa, una reale integrazione economica e sociale, una reale integrazione politica e istituzionale e il rispetto dell’identità etnico-linquistica, culturale, insomma nazionale. Perché il principio di solidarietà non può essere applicato in senso unilaterale. Non è più sostenibile – ha concluso Ganau – che la Sardegna sopporti il 61% per cento delle servitù militari, o che si pensi alla Sardegna come al più vasto carcere d’Italia o come deposito di scorie nucleari; non è più tollerabile il ricatto che da decenni mette in contrapposizione tra loro diritti costituzionali inalienabili, come quelli al lavoro, alla salute e ad un ambiente salubre, né che la Sardegna abbia una percentuale di disoccupazione giovanile del 54,2% e di disoccupazione femminile del 57%”.

La crisi della democrazia deve essere combattuta con più democrazia, non con riforme parziali e disorganiche, con maggiori autonomie e non con un rafforzato centralismo. Di fronte a questo siamo pronti a condividere una battaglia comune per rimettere al centro della politica la dignità della funzione legislativa”, ha detto ancora Ganau rivolgendosi a Laura Boldrini. “Oggi la crisi economica sta rafforzando le politiche centraliste con sottrazione dell’esercizio di funzioni dalla periferia verso il centro, e in alcuni casi dalla stessa potestà statale ad altra sovranazionale – ha aggiunto Ganau – L’urgenza è istituzionale oltre che economica; bisogna accelerare il processo legislativo senza indebolire la democrazia, l’anti parlamentarismo ora individua nel Senato il capro espiatorio dei mali collettivi e nelle Regioni la causa delle inefficienze amministrative”. Il numero uno dell’Assemblea sarda ha poi ricordato che “la democrazia rappresentativa ha il difetto di consumare risorse materiali e spirituali”, ma ha sottolineato che il vero costo della politica è “quello di scelte sbagliate prese per anni inseguendo il consenso elettorale e piegandosi ad illusioni semplicistiche ma popolari. Per riconciliare le istituzioni con i cittadini non serve meno ‘politica’ ma piuttosto la buona politica”. Così, secondo il presidente del Consiglio regionale, “gli organismi di secondo grado che andranno a sostituire il Senato e le Province comporteranno un’accentuazione del peso dei partiti piuttosto che di quello degli elettori e questo, se da un lato risponde alla forte richiesta di diminuzione del numero degli eletti e dei costi della politica, dall’altra umilia la richiesta di partecipazione democratica”.

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