Fondi ai gruppi, pm chiede 5 anni per l’ex consigliere Scarpa (Psd’Az)

“C’è un dolo conclamato“. Il pm non ha dubbi e ha chiesto la condanna a 5 anni di reclusione per l’ex sindaco di Porto Torres, Beniamino Scarpa, coinvolto quando era consigliere regionale nell’inchiesta sui fondi del Gruppo Misto della Sardegna nella XIII legislatura.

È la richiesta del pubblico ministero Marco Cocco arrivata al termine della requisitoria pronunciata stamani davanti ai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Cagliari. All’ex consigliere regionale del Psd’Az vengono contestate spese per 116 mila euro, soldi che il pm ritiene essere stati incassati ma poi non utilizzati per i fini istituzionali legati all’attività del gruppo. Da qui la contestazione per peculato.

Tra le contestazioni che il Pm Cocco ha sollevato durante la requisitoria a Scarpa c’è l’acquisto di un’automobile Audi per oltre 30 mila euro che l’ex consigliere regionale avrebbe detto di aver preso per i collaboratori, ma che invece sarebbe stata utilizzata dalla moglie.

“Se c’è una differenza tra Solimano il Magnifico ed il consigliere regionale – ha detto Cocco, riferendosi alle spese contestate – è il distinguo tra soldi pubblici e soldi privati”. Secondo l’accusa Scarpa, presente in aula accanto al difensore Silvio Piras, avrebbe anche cambiato linea difensiva tra l’interrogatorio di garanzia e il dibattimento.

“Mai nessuno dal 1993 si era posto il problema di come e quando giustificare quelle somme”. Così l’avvocato Silvio Piras ha iniziato l’arringa dopo la requisitoria del pm. La difesa ha cercato di smontare la tesi dall’accusa che contesta all’esponente politico ex Sardista spese per 116 mila euro, compreso l’acquisto di una vettura che avrebbe fatto usare ai familiari. “L’auto non era utilizzata solo dalla moglie di Scarpa – ha spiegato il legale – ma da tutti i collaboratori, così come loro stessi hanno confermato in dibattimento”. L’avvocato ha poi chiarito che la moglie dell’ex consigliere era anche collaboratrice del gruppo, dunque sarebbero lecite le spese sostenute con le carte di credito a valere sui fondi istituzionali. “Non si accettavano ricevute per le rendicontazioni – ha ricordato l’avvocato – Scarpa l’aveva chiesto all’inizio e così era stato detto a tutti. Dunque quanto meno non esiste un dolo intenzionale”. Insomma secondo la difesa erano stati gli uffici stessi a non volere le pezze giustificative dai consiglieri regionali. “Le norme erano caotiche – ha concluso l’avvocato Piras, chiedendo l’assoluzione del suo assistito – molti consiglieri regionali hanno semplicemente sbagliato. È dimostrato che Beniamino Scarpa per la sua attività in Consiglio abbia speso oltre 300 mila euro”. Il processo è stato aggiornato al 16 maggio per la sentenza, mentre l’udienza per gli altri 15 ex consiglieri regionali imputati è stata rinviata al 3 giugno per ascoltare i testimoni delle difese di Giuseppe Atzeri, Sergio Marracini e Alberto Randazzo.

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