“Il Consiglio regionale deve vigilare sulle nomine nella Fondazione Banco di Sardegna che ripropongono il problema della commistione tra politica e sistema bancario”. Inoltre, “la stessa Fondazione deve vendere almeno la metà delle azioni del Banco detenute (49%), per poter proseguire nella sua azione a favore della comunità con il patrimonio derivante dalla cessione delle quote”. Lo chiedono i Riformatori che hanno presentato un’interpellanza in Consiglio regionale con la quale sollecitano anche il governatore Francesco Pigliaru e l’assessore alla Programmazione, Raffaele Paci, a “modificare le regole di nomina per favorire la trasparenza della rappresentatività negli organi e la garanzia di ricambio dei componenti”.
Secondo il capogruppo Attilio Dedoni “si tratta di un problema giusto e legittimo anche perché non ci può essere un monocolore Pd che governa la Fondazione con una sorta di democrazia comandata, mentre si decide con il centralismo democratico. Non è corretto soprattutto nel momento di crisi che stiamo vivendo”. Il coordinatore regionale del partito, Michele Cossa, vede nella gestione della Fondazione “un’assoluta anomalia nel contesto economico e sociale sardo. Non sono in discussione le persone ma esiste un problema che pesa come un macigno”.
Così l’ex consigliere regionale Franco Meloni: “Non ci riguardano le persone che godono della nostra stima e non c’è alcun fatto personale, stiamo ponendo una questione politica che va oltre, cioè la separazione della politica dal controllo delle attività bancarie, perché il patrimonio della Fondazione è della comunità di riferimento. E quindi dei sardi e del Consiglio regionale che deve essere chiamato a prendere una posizione chiara su questo problema. Attualmente la Fondazione è governata da un Consiglio di indirizzo di 18 persone che sceglie i componenti del Cda: quello che non va bene è che il Consiglio di indirizzo può nominare chi vuole e appunto oggi troviamo cinque autonominati. Da ora in avanti si cambi il sistema”. Gesualda Siragusa, dell’Ufficio Studi dei Riformatori, ha poi posto il problema dell’incompatibilità tra cariche interne alla Fondazione e quelle elettive.