Firino: “La buona scuola non passa dalle pluriclassi”

Claudia Firino, l’assessore regionale alla Pubblica istruzione, spiega il piano di dimensionamento scolastico.

“La buona scuola non passa dalle pluriclassi”. Tanto che la Giunta regionale ha deciso di tagliarne 29 sulle 169 che ci contano nell’Isola. Di cui 22 alle elementari e 7 alle medie. Claudia Firino, l’assessore vendoliana alla Pubblica istruzione, sintetizza così il nuovo piano di dimensionamento scolastico, quello 2015-2016 che da venerdì sembra dividere la Sardegna.

Assessore, a leggere i commenti sui social il messaggio della Giunta sulle pluriclassi non è passato.

È passato in parte, direi. Ma i cambiamenti sono sempre complicati, ci vuole tempo perché vengano metabolizzati. Sono però sicura che ciò succederà in breve tempo.

Cominciano dalla genesi delle pluriclassi.

Intanto va detto che non sono un fenomeno sardo. Le pluriclassi esistono in tutte le piccole e piccolissime comunità per mantenere almeno un presidio scolastico.

E infatti vi accusano di cancellare quello che è considerato un baluardo di civiltà.

Qui credo nasca la prima incomprensione. Le pluriclassi non sono né un baluardo né la buona scuola. Semplicemente rappresentano una soluzione contro il rischio ultimo di non avere alcun tipo di istruzione. Ma questa non è la logica con la quale la Giunta ha pensato il nuovo piano di dimensionamento. Noi, per i nostri bambini e i nostri ragazzi, vogliamo la migliore formazione possibile. Il che significa classi normali divise per età. Ecco allora che con 5 milioni di euro interveniamo per sostenere il trasporto pubblico necessario a raggiungere l’obiettivo.

Chi lo dice che le pluriclassi non funzionano?

Studi di settore. Ciò non vuol dire che non ci siano mai state eccellenze. Ma fare contemporaneamente due o tre programmi ministeriali diversi, nello stesso numero di ore di un corso tradizionale, non può non avere risvolti negativi in termini di didattica. Per oggettive ragioni di tempo. E di coordinamento. Ma più ancora: è dimostrato che i bambini e i ragazzi delle pluriclassi hanno diffusamente maggiori difficoltà di relazione quando passano al corso di studi successivo.

La soluzione ideale sarebbe mantenere una scuola tradizionale in ogni Comune. Ma non si può.

Certo che no. I paletti ministeriali, seppure in parte derogabili, sono chiari: per formare una classe alle primarie servono almeno 15 alunni. Si può scendere fino a 10 nei Comuni montani e a 8 nel caso di pluriclassi. In questo quadro, non abbiamo mai avuto dubbi a studiare un piano che, da un lato, evitasse disagi per gli alunni e le famiglie, e dall’altro puntasse a migliorare l’offerta formativa.

Il piano di dimensionamento può essere riassunto con lo schema dei 12 chilometri.

Esatto. Le 29 pluriclassi che andiamo a chiudere dal prossimo anno sono dislocate in Comuni vicinissimi ad altri, e la cui distanza massima è appunto di 12 chilometri. Si tratta di un percorso che non dovranno coprire la famiglie. Lo farà la Regione, a costi zero per le amministrazioni cittadine: acquistiamo 40 scuolabus e pagheremo le spese di gestione. Cioè benzina, autista e gli assistenti per il viaggio, dal momento che si trasportano bambini.

In Sardegna restano 149 pluriclassi. Sono tutte destinate alla cancellazione?

Purtroppo no. Ci sono Comuni geograficamente isolati, dove non si può intervenire. Lì sì che le pluriclassi sono il male minore contro l’alternativa nemmeno pensabile di non garantire alcuna formazione. Ma proprio per compensare le oggettive difficoltà didattiche, non lasceremo soli quegli alunni e quei docenti. Anzi. Garantiremo loro nuovi supporti multimediali, sperimentati a livello nazionale ed europeo per compensare gli oggettivi gap organizzativi delle pluriclassi.

Ma i sindaci li avevate informati?

Ci mancherebbe. L’elaborazione del piano è stata preceduta dalla condivisione delle linee guida, presentate alle Province e all’Unione delle Province, ma anche all’Anci.

Allora perché i Comuni interessati al taglio delle pluriclassi sono sul piede di guerra?

Probabilmente vivono come una ferita per comunità la perdita del presidio scolastico.

Ma se prima si sono detti favorevoli, come spiegare la protesta di questi giorni?

Può essere che non pensavano si arrivasse davvero alla cancellazione delle pluriclassi.

E se dietro le proteste ci fosse solo il timore di perdere consenso elettorale?

A noi risulta che alcune famiglie già portino i propri figli nei Comuni vicini, per evitare le pluriclassi. Poi mi rendo conto che la scelta della Giunta può essere impopolare per alcuni. Ma torno a dire: non stiamo tagliando l’istruzione. Al contrario la stiamo migliorando, investendo nuove risorse in tempo di crisi.

Nel dibattito sui social, al quale anche lei ha partecipato con un proprio pezzo pubblicato attraverso il suo blog (qui il testo), cosa l’ha fatta sorridere?

Ci tengo a sottolineare che non stiamo deportando bambini da un territorio all’altro. Anzi: è salvaguardia del territorio chiudere una pluriclasse per garantire l’istruzione tradizionale nell’arco di pochi chilometri. E il piano di dimensionamento nulla centra con lo spopolamento: da tanti Comuni sardi si va via perché manca il lavoro, non perché si taglia una pluriclasse. Sui social ho letto che obbligheremo i bambini a svegliarsi alle 5 per caricarli su un pulmino alle 7 e poi il ritorno a casa solo alle sei di sera. Nulla di tutto questo.

Ovvero?

Non c’è bisogno di alzarsi alle 5 fare 12 chilometri al massimo. Che poi è la distanza percorsa ogni giorno da un bambino di Quartu, se per esempio i genitori lavorano a Cagliari e lo hanno iscritto in una scuola del capoluogo.

Quanti posti di lavoro si perderanno cancellando le pluriclassi?

Nemmeno uno. Perché nei nuovi presidi che trasformiamo in tradizionali, faremo il tempo pieno. Quindi saranno recuperati tutti gli insegnanti. Non ci può essere buona scuola nemmeno col taglio delle docenze.

Pluriclassi a parte, cos’altro prevede il nuovo piano di dimensionamento?

Arricchiamo l’offerta formativa con nuovi corsi, sia alle medie che alle superiori.

E contro la dispersione scolastica?

Nel 2015 investiamo 50 milioni. Siamo all’emergenza: in Sardegna il 27 per cento dei ragazzi smette di studiare, con punte del 31 per cento. Nei prossimi giorni presentiamo questo Piano. Lo faremo in una scuola delle aree interne.

Perché un numero così alto di abbandoni?

Per tante e diverse ragioni. Una di queste è la debolezza dell’orientamento e il fatto che a volte in un territorio l’offerta formativa è scarsa e i ragazzi non sono stimolati. Ma è necessaria una battaglia culturale: gli istituti professionali e tecnici vengono considerati di serie B. Ripeto: stiamo lavorando per costruire una scuola migliore, non per tagliare sull’istruzione.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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