“Cappellacci è un demagogo, non lo sostengo”

Claudia Lombardo, prima presidente donna nella storia del Consiglio regionale, spiega le ragioni della sua non ricandidatura, dopo vent’anni trascorsi a Palazzo.

La signora di Forza Italia saluta: «La mia prima fase nelle istituzioni finisce qua». Claudia Lombardo non si ricandida, «perché non mi identifico nella politica di Ugo Cappellacci, e non la sostengo: è fatta solo di demagogia e populismo», dice la berlusconiana dei record. E della prima ora. Una fedelissima del Cavaliere. Nel ’94 è stata la più giovane onorevole della storia autonomista, eletta a 21 anni: finito il mandato di suo padre Salvatore, entrò lei. Nel 2009 il secondo primato: prima donna a diventare presidente del Consiglio regionale.

Presidente, alla fine ha lasciato. Cos’è successo?

«Io non sto lasciando. Semplicemente non mi ricandido, perché sono una persona coerente. Due anni fa, ho scelto di uscire dalla maggioranza non condividendo l’azione di governo di Cappellacci, un’azione lacunosa e confusa. Tanto che la chiamai sgoverno della Regione. Non mi riconosco nella demagogia e nel populismo. Consapevolmente non mi ripresento alle urne. La mia dignità, politica e personale, viene prima di tutto».

Cosa vuol dire che non lascia?

«Non sto abbandonando l’agone politico. Trovo anzi stimolante un mio nuovo ruolo fuori dalle istituzioni, uno status mai sperimentato prima. Sono convinta che dopo il 16 febbraio cambieranno molte cose».

Non scommette sulla vittoria di Cappellacci?

«Io sono convinta che dopo il 16 febbraio ci sarà una rivoluzione politica».

Lei sarà parte di questo trapasso?

«Con la stessa dedizione di sempre, io continuerò a lavorare per il mio collegio elettorale (quello del Sulcis), attivamente. Sarò protagonista in funzione del mutato contesto».

Lascerà Forza Italia?

«Assolutamente no. Io sono e resto di Forza Italia. Però, visto il momento drammatico che sta vivendo la Sardegna, penso che a contare non sia l’ideologia ma la persona».

Nel 2009 con quanti voti è stata eletta?

«Poco meno di 6mila».

Ora che non si ricandida, a chi andrà quella montagna di preferenze?

«Il voto è segreto. Ma mi sembra evidente per chi verrà meno il mio sostegno».

Nella lista sulcitana di Forza Italia corre qualche persona a lei vicina?

«No».

Altri tempi, quelli del ’94: il padrone delle tv commerciali scaldò i cuori degli italiani promettendo un milione di posti di lavoro. Lei entrava per la prima volta nel palazzo di via Roma.

«Ricordo l’emozione. E devo ammettere che nessuno credeva nella mia elezione. Invece fui la seconda più votata nel vecchio collegio di Cagliari che, allora, comprendeva anche il Sulcis e il Medio Campidano. Ma non potevo nemmeno immaginare che in Consiglio sarei rimasta vent’anni, fino a diventare presidente dell’Aula».

Voluta anche da Cappellacci.

«Sì, perché c’era la necessità che il Consiglio lo guidasse una persona di esperienza. E io, nella precedente legislatura, l’avevo maturata come vicepresidente. Peraltro, si voleva dare un segnale di novità, designando per la prima volta una donna».

Un errore che non rifarebbe?

«Io del mio passato non rinnego nulla. Ribadisco, però, che sono indisponibile a sostenere progetti politici nei quali non credo. In una situazione diversa, magari mi sarei ripresentata alle urne. Ma stavolta mancavano i presupposti: non scendo a compromessi, sono una persona libera».

A fine settembre, quando Francesca Barracciu sembrava essere la seconda candidata governatrice, dopo Michela Murgia, tutto faceva pensare che pure il centrodestra dovesse puntare su una donna. E lei era la più titolata per diventare la leader.

«Non sono mai stata interessata a ricoprire quel ruolo. Oggi ci vuole molto coraggio per candidarsi al governo della Regione. La situazione è drammatica: alla grande emorragia occupazionale si somma il numero sempre crescente di sardi che vive sotto la soglia di povertà. La nostra Isola ha bisogno di interventi strutturali, ma che sono difficili da realizzare perché lo Stato eroga sempre meno risorse. Lo Stato si è rivelato patrigno».

L’ha detto anche Cappellacci domenica, nella convention alla Fiera di Cagliari.

«Veramente quella definizione di Stato la diedi io a febbraio 2012, quando il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ci onorò della sua presenza in Consiglio regionale».

Lei alla Fiera non c’era?

«No».

Cappellacci, nella lista delle cose fatte, ha elencato il taglio alle indennità dei consiglieri, l’abolizione dei fondi ai gruppi e la cancellazione dei vitalizi.

«È desolante che un presidente si riduca ad attribuirsi meriti che non sono suoi, cercando di scippare al Consiglio regionale i ragguardevoli risultati raggiunti sulla riduzione dei costi della politica. E si tratta di un traguardo che è patrimonio dell’intera Assemblea, non di pochi, non di una parte».

Per fare un po’ di sintesi: cosa è stato tagliato?

«Nel 2009, la dotazione dell’Aula era di 85 milioni, siamo scesi a 58. Significa un risparmio di 26,5 milioni, soldi che andranno a vantaggio del sistema produttivo e sociale. Abbiamo ridotto da 80 a 60 il numero di consiglieri e, appunto, tagliato drasticamente le indennità».

Con la nuova legislatura, quale sarà lo stipendio base di un onorevole?

«Saranno 6.600 euro lordi, contro i 9.263 attuali. Abbiamo cancellato la diaria e la extra diaria, che ammontavano rispettivamente a 3.202 euro e 960. Sono state eliminate anche le spese di segreteria, altri 2.346 euro. Queste tre voci verranno sostituite da un rimborso forfettario per spese inerenti all’esercizio del mandato, pari a 3.850 euro. Significa un taglio di 2.658 euro a consigliere. L’indennità di carica resta solo in tre casi: per il presidente dell’Aula, ma scende da 4mila euro a 2.500, per il governatore (2.500 euro) e per gli assessori (1.200)».

I rimborsi chilometrici?

«Tolti anche quelli, non ci saranno più soldi elargiti in base alle tabelle Aci. I consiglieri che risiedono a oltre 100 chilometri da Cagliari, avranno diritto a un forfettario mensile di 650 euro. Gli onorevoli che abitano tra i 71 e i 100 chilometri prenderanno 300 euro».

I fondi ai gruppi?

«Sono stati ugualmente eliminati, stiamo parlando di oltre 5 milioni l’anno».

Con la legge sui tagli ai costi della politica è passata anche una norma che ha indignato la Rete: i fondi residui potranno essere dati liberamente in beneficenza dai consiglieri.

«Anche nella buona politica si cerca sempre lo scandalo. Quelle risorse sono già nella disponibilità dei gruppi, per questo non le abbiamo potute destinare direttamente agli alluvionati, a differenza di quanto è stato fatto con gli oltre due milioni dati a dicembre. Di certo, bisognerà aspettare la fine della legislatura per accertare l’avanzo dei fondi. Ogni gruppo è obbligato a presentare il rendiconto e dichiarare le somme non spese».

Tema caldissimo, quello dei fondi ai gruppi: tra indagati e imputati si contano 68 onorevoli.

«Ho sempre avuto massima fiducia nel lavoro della magistratura. E il Consiglio ha garantito totale collaborazione, non appena la Procura di Cagliari ha cominciato a chiedere i documenti».

Rimetterebbe anche la targa all’ingresso del Palazzo?

«Per la verità se n’era lamentato solo l’onorevole Soru. La targa c’è ancora, e ricorda i 60 anni decorsi dall’insediamento del Consiglio regionale che, per la prima volta, si era riunito nel 1949».

A suo padre Salvatore quanto deve per la sua carriera?

«A mio padre devo moltissimo per tutto, nella politica come nella vita. Non sempre ci siamo trovati d’accordo. Ma su quest’ultima scelta ha condiviso totalmente la mia posizione».

Politicamente, Berlusconi è al capolinea?

«Al capolinea finirà Forza Italia, quando il nostro presidente uscirà di scena. Il partito si scioglierà come neve al sole. Berlusconi è un leader carismatico che ha saputo e sa affascinare l’elettorato, e captarne il consenso. In Forza Italia non c’è nessuno in grado di raccogliere la sua eredità. Io, quando alle Politiche del 2012 qualcuno spingeva perché non si ricandidasse, sono state una delle prime a sostenere la sua ennesima discesa in campo. E i voti gli hanno dato ragione, ancora una volta».

Un aneddoto su questi suoi vent’anni?

«Più che un aneddoto, un ricordo: la telefonata di Berlusconi quando nel 2010 mi sono dimessa da vicecoordinatrice di Forza Italia. Mi ringraziò per il lavoro svolto».

Lei quanto volte ha chiamato Berlusconi?

«Nemmeno una».

Alessandra Carta

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