Cappellacci al Governo: “Sardegna questione nazionale”

“Quella sarda è una questione politica e nazionale. Lo Stato deve pertanto inserirla nella propria agenda e darle la giusta considerazione con atti concreti, assumendo responsabilità rimaste giacenti per decenni”.

Il governatore Ugo Cappellacci rinnova il suo pressing su Roma all’indomani della bocciatura del taglio dell’Irap con l’impugnazione alla Consulta della Finanziaria regionale 2013 e la rivendicazione dell’autonomia sulla politica fiscale legata alla modifica dell’articolo 10 dello Statuto sardo che il presidente caldeggia attraverso una legge ordinaria.

“Noi continueremo a difenderci in ogni sede – assicura Cappellacci – ma se i giudizi che saranno espressi dalla Corte Costituzionale non rappresentano una preoccupazione per una Regione che anche di recente ha visto riconosciuta la fondatezza delle proprie posizioni e lo Stato soccombente, è altresì vero che è dalle sedi politiche della Repubblica che devono giungere le risposte invocate dai cittadini”. Quanto alla revisione dell’art. 10, il governatore sottolinea che attorno alla proposta di emendamento formulata dalla Regione “è necessario si sviluppi un’azione corale dei nostri rappresentanti a Roma, al di là dell’appartenenza partitica di ciascuno. La modifica dell’art. 10 dello Statuto rappresenta – spiega ancora Cappellacci – la chiave per poter ampliare la nostra possibilità di intervenire in materia fiscale attraverso provvedimenti che possano alleggerire il peso sopportato oggi dalle imprese e consentire alle stesse di avere più ossigeno nei polmoni per inseguire la ripresa. Tale rivendicazione – argomenta il presidente – è un chiaro esempio di ciò che intendiamo quando sosteniamo l’idea di una Sardegna che non chiede misure assistenziali, ma rivendica la possibilità di camminare con le proprie gambe e di competere alla pari con le altre Regioni europee attraverso misure tese a compensare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità. Lo Stato – conclude Cappellacci – non può negarci il diritto di usare le nostre forze”.

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