Asl, Capelli (Cd): “La riforma del Pd moltiplica solo le poltrone”

C’è aria di strappo per la maggioranza in Consiglio regionale: il Centro Democratico non ha alcuna intenzione di votare la riforma del Pd sulle Asl.

Questione di tre settimane e poi, in Consiglio regionale, insieme al via libera alla riforma Cocco potrebbe arrivare anche il primo strappo ufficiale in maggioranza, con il non voto del Centro Democratico rappresentato in Aula da Roberto Desini e da Anna Maria Busia. Roberto Capelli, deputato e leader del partito, ex assessore regionale alla Sanità, spiega le ragioni della contrarietà al riordino delle Asl targato Pd.

Onorevole, ma perché è così contrario alla proposta del Pd?

Non mi pare che quei sette articoli portino alla razionalizzazione della spesa.

Dice che l’Areu, la nuova azienda sanitaria del 118, sarà un costo inutile e aggiuntivo?

Io non ho mai visto che un taglio della spesa passa dall’aumento degli incarichi. Ma Areu a parte, la proposta del Pd non indica su alcun fronte una strategia che permetterà di migliorare i servizi, quindi la qualità dell’assistenza, se di questo vogliamo finalmente parlare.

In Sardegna quante Asl basterebbero?

Io dico una. Ma sono anche pronto a un compromesso a vantaggio dei territori: arrivo a tre aziende sanitarie, non oltre.

Quali sarebbero?

La prima su Cagliari, con gli ospedali riuniti e l’Azienda Mista (Aou). La seconda Asl su Sassari, più l’Azienda ospedaliera che metterebbe insieme il Santissima Annunziata con le cliniche San Pietro e l’Aou. Infine a Nuoro, alla Asl verrebbe affiancata l’Azienda ospedaliera San Francesco-Zonchello.

Nelle altre 5 province si griderebbe al centralismo.

Mi sembra più un problema dei “vertici” che non della gente, alla quale interessa l’abbattimento delle liste d’attesa e una risposta sanitaria che non obblighi a emigrare. La mannaia va allungata sulle costose clientele che, per vivere civile, mi limito a definire inutili. Bisogna decidersi: o si assecondano i campanilismi o si costruisce una sanità moderna ed efficiente. Io sono per la seconda via. Inoltre le sedi delle Direzioni Generali delle Asl non è detto che debbano avere sede nei capoluoghi di provincia.

Cos’altro serve per razionalizzare la spesa fuori controllo della sanità sarda?

Se proprio vogliamo cominciare con il 118, per riorganizzare i servizi e renderli più efficienti, non è necessario creare una nuova Asl. È poi indispensabile il Centro unico di acquisto, così come il controllo della spesa farmaceutica attraverso l’istituzione di due o tre Centri del farmaco, per esempio Nord, Centro e Sud: ciò permetterebbe una distribuzione moderna e corretta dei medicinali garantendo notevoli risparmi. Bisogna anche dare dignità ai Servizi veterinari, staccandoli dalle Asl e accorpandoli all’Istituto zooprofilattico della Sardegna: in tempo di Peste suina, Lingua Blu e Trichinella, è necessario creare una struttura che abbia più autonomia nella gestione di queste emergenze e una maggiore dignità e rinnovata responsabilità. Non va dimenticata l’urgenza di un nuovo Piano sanitario regionale, fermo al palo da diversi lustri.

Il nuovo ospedale a San Gavino?

Non è una scelta di questa maggioranza, la decisione venne presa molti anni fa. Forse allora si poteva evitare, ma oggi se la Giunta dicesse no, si perderebbero i finanziamenti.

C’è battaglia anche nel Sulcis.

Lì la direzione aziendale ha deciso di trasferire i servizi a Carbonia, a danno di Iglesias, dove invece risiede un più alto numero di abitanti. Gli spostamenti non sono sbagliati a prescindere, ma lo diventano quando non sono accompagnati da studi approfonditi, tanto da diventare causa di maggiori disagi.

Che autunno sarà per la sanità?

Il Centro Democratico è pronto al confronto, in qualunque momento e in qualsiasi sede. Ma serve buon senso. Non si può navigare a vista.

In maggioranza avete già diviso gli undici posti da commissario che si liberano nelle Asl?

Alla politica spettano compiti ben più alto e ha il dovere si assumersi la responsabilità delle scelte.

A luglio avete litigato anche sui criteri per la nomina dei commissari.

Il problema erano i non criteri, semmai. C’era chi voleva decidere in solitudine, un partito per tutti. Io credo che tutte le forze politiche della coalizione, chiamate alle stesse responsabilità, abbiano il dovere di indicare i migliori. Per titoli e competenze. L’appartenenza a un partito non può essere un vantaggio, ma nemmeno una discriminante.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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