La parabola di Angelo Atzori, figlio oristanese della Balena bianca

Per chi conosce Oristano, sa che la Democrazia cristiana è stata come una grande famiglia. La città è vissuta nel cono d’ombra della Balena Bianca e da lei si è anche e soprattutto sentita protetta. Angelo Atzori, morto stamattina all’età di 73 anni, è stato uno dei componenti più autorevoli, ma anche discussi, di quella grande famiglia. La famiglia democristiana oristanese ha un grande patriarca: si chiama Lucio Abis, per tutti “il senatore”, 87 anni e una mente ancora lucidissima.

Atzori è stato uno dei suoi pupilli, è cresciuto alla scuola dorotea, insieme ad altri personaggi chiave della politica oristanese che intorno agli anni ’80, con diversi incarichi, hanno avuto in mano le redini della politica regionale, ma anche importanti incarichi nazionali: pensiamo a Ignazio Manunza, senatore di Forza Italia, nato democristiano prima della parabola berlusconiana, morto qualche anno fa. Poi Matteo Piredda, consigliere regionale e deputato della Repubblica. Gente che ha contato e ancora conta nella vita del capoluogo oristanese e pesa negli equilibri della politica che resta legata sempre alla tradizione dello scudo crociato.

Da Isili al Consiglio regionale

Angelo Atzori è morto stamattina dopo una breve malattia, nella sua casa di Oristano, lasciando un’eredità da personalità di spicco del mondo politico e imprenditoriale oristanese ma anche uomo molto discusso e con pesanti ombre giudiziarie. Nato a Isili, avrebbe compiuto 73 anni il prossimo mese di settembre. L’ultimo suo incarico politico è stato quello di segretario regionale del Movimento per l’autonomia (Mpa). Alle elezioni comunali oristanesi del 2007 Angelo Atzori aveva capeggiato la lista MPA, raccogliendo 90 preferenze , non riuscendo ad entrare in consiglio.

Un triste canto del cigno per un uomo politico campione delle “preferenze”, già segnato nel fisico e inseguito da pesanti accuse da parte della magistratura. In passato Atzori aveva ricoperto importanti incarichi politici e nelle istituzioni: era stato eletto consigliere regionale, eletto nelle liste della Democrazia cristiana fino all’aprile del 1994. E’ stato inoltre iscritto alla loggia Massonica P2 di Licio Gelli (tessera 651). Atzori aveva ricoperto a lungo l’incarico di presidente della Cantina sociale della vernaccia di Donigala. Assicuratore, ha diretto l’agenzia Prudential di Oristano. Questo il suo curriculum che però non descrive in pieno il peso politico che Atzori ha avuto nella crescita di una generazione di politici, ormai ex democristiani, all’ombra della torre di Mariano.

Le inchieste giudiziarie

La parabola discendente di Angelo Atzori iniziò in un giorno di fine novembre del 2008. Atzori era stato arrestato con l’accusa di riciclaggio, per la falsa vendita di una villa. La vicenda riguardava l’acquisto per 4,5 milioni di euro di una palazzina dei primi del ’900 a Roma, a due passi da Villa Borghese, che vale quasi cinque volte tanto. Gli acquirenti, però, una ricca famiglia di imprenditori di Avellino, erano caduti, stando alle accuse, nella rete tesa da Atzori e i suoi complici, che gli avevano venduto la villetta di tre piani pur non essendone i proprietari. Un’operazione curata in ogni dettaglio: sia facendo visitare l’immobile agli acquirenti accompagnati da un finto giardiniere, sia riproducendo tutta la documentazione necessaria alla compravendita.

La notizia dell’arresto di Angelo Atzori aveva fatto in un baleno il giro della città, suscitando grande sgomento in chi lo conosceva. Reazioni diverse, a dire il vero, perché l’uomo politico oristanese in passato era rimasto coinvolto più di una volta in vicissitudini giudiziarie. Atzori era rimasto invischiato in attività in campo immobiliare e nella meccanica, che una dopo l’altra crollarono sotto i colpi inferti dai creditori e dai giudici. Una lunga sequenza di noie giudiziarie lo portò sul banco degli imputati con diverse accuse: truffa, riciclaggio, persino furto di energia elettrica (accusa dalla quale venne assolto).

Il passaggio con Lombardo e l’ultima impresa dei cheeseburger sardi

Vicende giudiziarie che segnarono Atzori fisicamente, ma soprattutto politicamente. La grande villa di Torregrande, un tempo sorta di tempio laico della nomenklatura in salsa oristanese, sempre popolata di amici e conoscente pronti ad avere una benedizione da un politico potente, si svuotò lentamente. Ma Atzori aveva voglia di tornare a galla. Ripartì mirando in alto: addirittura al Parlamento. Annunciò il suo ritorno sulla scena con manifesti col suo volto e la scritta “Finalmente”. Furono 350 le preferenze, una miseria per chi era abituato a comandare e ad avere numeri da primato.

Poi arrivò l’amicizia con Raffaele Lombardo, ex governatore della Sicilia, anche lui personaggio molto discusso e indagato per presunti legami con la mafia, e il matrimonio con il Movimento per le autonomie, di cui era diventato responsabile regionale. Ne seguì una nuova candidatura, stavolta sotto le insegne Mpa, ma alle comunali, all’interno di una coalizione centrista. Un debuttante, per la corsa al municipio: Atzori non aveva mai avuto un posto in consiglio comunale.

Ma i suoi vecchi elettori gli voltarono le spalle anche in quella occasione. L’ultimo impegno pubblico in politica lo vide coinvolto nella campagna elettorale delle elezioni per il rinnovo del parlamento sempre il Movimento per le autonomie, in una campagna elettorale che lo aveva visto impegnato anche al fianco di un misterioso personaggio italo americano, tale Daniel Imperato, 50 anni, nonni siciliani, candidato indipendente alla carica di presidente degli Stati Uniti. In un tour nell’isola Atzori aveva promesso meraviglie dalla collaborazione con Imperato: portare il formaggio sardo nei cheeseburger americani e creare una fabbrica di auto cinesi a Oristano. L’ultimo abbaglio di notorietà, una sorta di ritorno sulle scene per un protagonista che aveva già chiuso una carriera politica da figlio legittimo della Balena Bianca oristanese.

Giacomo Legato

 

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