**Mo: cooperante palestinese, ‘con tregua strade piene di gente, vanno verso nord di Gaza’**

Gaza City, 24 nov. (Adnkronos) – Un risveglio ”senza bombardamenti, senza operazioni israeliane nella Striscia di Gaza” quello del primo giorno di tregua nell’enclave palestinese. Un giorno dove ”sono tutti felici, la gente esce per strada” e dove i profughi palestinesi che si sono trasferiti al sud attraverso i corridoi creati dall’esercito israeliano hanno iniziato ”un cammino nella direzione opposta, verso nord, per andare a vedere cosa è rimasto delle loro case”. Lo racconta ad Adnkronos il cooperante palestinese Sami Abu Omar da Khan Younis, città che non è stata risparmiata dai raid israeliani nella Striscia di Gaza. ”Le strade sonio strapiene di gente, soprattutto al sud” dell’enclave palestinese, ”perché quelli del nord non si possono muovere, lì è pieno di posti di blocco dell’esercito israeliano che impediscono i movimenti”.

Sulla sfondo il figlio di 12 anni che canta, nelle parole di Abu Omar il sollievo ”dopo 49 giorni di guerra, questo è il primo in cui non sentiamo più il rumore dei cacciabombardieri, non sentiamo più i droni nel cielo, tutto è tranquillo. Speriamo di riuscire a dormire tranquilli per tre notti, ci sono stati raid aerei fino a un minuto prima dell’entrata in vigore della tregua”. Ma c’è anche ”la speranza che in questi quattro giorni possano entrare più aiuti umanitari. Non abbiamo più niente, nei negozi non c’è più nulla, zero”.

E mentre ”la gente ha cominciato a muoversi, racconta, ”restano i check point israeliani dentro Gaza City e al nord” dell’enclave palestinese, dove i movimenti sono ”controllati dai carri armati israeliani”. Quindi, spiega, ”la gente è molto contenta, ma non tutti. Ad alcuni non è rimasto niente, hanno perso la casa, ma soprattutto hanno perso i figli”. La speranza, per ”gli sfollati che stanno andando verso il nord, è di trovare qualcosa rimasto” della loro vita prima della guerra, ”cercano anche solo una bombola di gas per poter cucinare, molti non lo fanno da giorni e hanno iniziato a tagliare gli alberi per fare il fuoco”.

Poi ci sono gli alberi di ulivo, racconta Abu Omar. Perché la guerra è andata anche a colpire ”la stagione della raccolta delle olive, che è stata sospesa a causa dei bombardamenti”. In questi quattro giorni di tregua i palestinesi della Striscia di Gaza ”cercheranno di raccogliere qualche oliva, di spremerle e di fare un po’ di olio”. Perché ”da noi, in Palestina, la stagione delle olive è sacra, tutta la gente cerca di raccogliere e fare delle scorte”.

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