Zone interne, 26mila imprese artigiane. “Fondi per combattere lo spopolamento”

Sono oltre 104mila le imprese – di cui 26mila artigiane – che operano nei Comuni montani o parzialmente montani dell’Isola, con oltre 61mila addetti. Più altre 11mila aziende in territori parzialmente pianeggianti, 13mila in collina. Il valore aggiunto delle produzioni supera gli 11 miliardi (per addetto è di 34mila euro). Sono questi i dati sull’Isola elaborati dall’Ufficio studi di
Confartigianato imprese Sardegna, attraverso il rapporto “Imprese e artigianato in Comuni montani e aree interne della Sardegna”, che ha analizzato la struttura e la dinamica delle imprese artigiane nei Comuni montani e nelle aree interne dell’Isola, attraverso l’elaborazione dei dati Istat.

“Le zone interne dell’Isola custodiscono la qualità manifatturiera made in Sardegna e, se adeguatamente valorizzate, rappresentano un territorio strategico per la competitività dell’artigianato e delle Pmi, è necessario, per questo, utilizzare anche i fondi del Pnrr per interventi finalizzati a sostenere le attività produttive e a colmare i gap infrastrutturali che comprimono le potenzialità economiche dei territori montani”. Questa è la proposta alla politica sarda e nazionale di Maria Amelia Lai, presidente di Confartigianato imprese Sardegna, a commento dei dati che raccontano di una vocazione imprenditoriale molto importante nonostante gli ostacoli naturali, gap infrastrutturali e svantaggi normativi che possono, anzi devono, essere affrontati con il sostegno
uropeo antiCovid.

Secondo Confartigianato le problematiche più importanti che si riscontano a livello locale sono la “rarefazione” delle istituzioni, lo spopolamento e il conseguente calo della domanda, la scarsa infrastrutturazione viaria e tecnologica (come la non totale copertura della Banda ultra larga”) per non parlare della burocrazia. “Le imprese delle zone interne – prosegue la presidente – nonostante siano assai integrate con i territori, tanto da agire come una “rete” naturale, allo stesso tempo soffrono la trama istituzionale frammentata (è l’annoso problema dei Comuni piccoli), la scarsa dotazione infrastrutturale e di banda larga, maggiori oneri burocratici, maggiori costi fisici (trasporti, dispersione abitativa, bolletta energetica), carenza di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico anche per la distanza con i centri universitari e i parchi tecnologici”. “Queste inoltre subiscono le carenze dei Comuni ormai quasi impossibilitati a svolgere le proprie funzioni, per carenze di organico e finanziarie – continua Lai – e, in questo contesto, dove l’assenza dello Stato si sente in ogni singola azione quotidiana, l’ultimo “avamposto istituzionale” è rappresentato dalle associazioni imprenditoriali, o sindacali, che conoscono pregi, carenze e necessità dei territori, delle imprese e delle persone e che, sempre più, si stanno sostituendo, con grandissime difficoltà, alle istituzioni”.

Per Confartigianato quindi è necessaria una strategia di sviluppo che lavori e investa su tutte le aree interne a rischio spopolamento, che possa porre le imprese al centro dello sviluppo e della creazione del lavoro, che le faccia migliorare. Sono necessarie le risorse pubbliche, ma è ancora più necessario, anzi fondamentale, conoscere le vere esigenze di imprenditori e comunità.

 

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