Il ricercatore: “La vendita di Shardna a 258mila euro? Offensiva”

Una cifra offensiva. Pino Ledda, ricercatore che ha speso 12 anni del suo lavoro nel progetto SharDna, commenta così la notizia della vendita della società per la mappatura del dna ogliastrino, comunicata lunedì con una conferenza stampa, a una società inglese. Valore dichiarato dell’acquisto, 258 mila euro. “Il valore effettivo – secondo Ledda – è invece inestimabile”.

Il progetto, nato nel 2000 per volontà dell’imprenditore (e futuro presidente della Regione) Renato Soru e del medico genetista Mario Pirastu, ha lavorato per 12 anni in dieci paesi dell’Ogliastra con l’obiettivo di costruire un enorme database di informazioni sulla salute, la vita, la storia dei suoi abitanti. La vicenda non finì bene: Soru, colpito da accuse di conflitto di interessi, nel 2009 mise in vendita la società alla Fondazione San Raffaele di Milano che nonostante gli impegni presi non fece nulla per il rilancio di Shardna. Da qui il fallimento.

“Gli incontri che io e i miei undici colleghi abbiamo tenuto numerosi con i rappresentanti dell’allora Giunta regionale – racconta oggi Ledda, al tempo responsabile del settore genealogico di Shardna – con il governatore Ugo Cappellacci, l’assessore alla Sanità Simona De Francisci, quello all’Industria Alessandra Zedda, alla Programmazione Giorgio La Spisa, al Lavoro Antonello Liori non hanno portato a nulla. Nonostante le promesse, la società Shardna è stata messa in liquidazione. La Regione Sardegna ha perso così un patrimonio preziosissimo di informazioni e dati sensibili sulla sua popolazione”.

Le cronache di quei giorni sono chiare: nei primi mesi del 2012 gli esponenti della Giunta avevano definito il progetto Shardna una “eccellenza per la nostra isola, soprattutto per il suo valore scientifico”, con tante rassicurazioni sulla volontà di farla restare in Sardegna. A maggio dello stesso anno il commissario liquidatore, Gianluigi Galletta, annunciava di dover procedere con la liquidazione e la messa all’asta. Il risultato di oggi, la vendita della banca dati alla società inglese Tiziana Life Science, è l’ultimo atto di una vicenda dai molti tratti oscuri.

“Bisognerebbe capire oggi qual è il reale intento di chi ha comprato – sostiene Ledda – e poi  perché la Regione in questi ultimi anni non abbia fatto nulla per acquisire la società, dato che alla fine è stata venduta a una cifra irrisoria. Il dubbio è che i lavoratori e tutte le persone che hanno partecipato al progetto abbiano pagato uno scontro politico tra chi ha creato Shardna e chi ha governato dopo. Dal 2000, quando abbiamo iniziato a lavorarci, e per gli anni successivi abbiamo chiesto e ottenuto la fiducia dei cittadini, prima con incontri pubblici a cui era invitato tutto il paese e poi con colloqui singoli in cui chiedevamo alle persone il consenso a cedere i propri dati genetici ai fini della ricerca. Il rammarico è che sia stato venduto tutto senza alcun interesse per chi è stato così disponibile: quindicimila persone di dieci paesi hanno acconsentito a fornirci i loro dati, circa l’85% della popolazione. Il dubbio dopo tutti questi anni è se quel consenso possa essere venduto. Inoltre è un grande archivio di beni immateriali che ha una infinità di applicazioni, quale può essere il suo valore? Non certo 258 mila euro”.

Francesca Mulas

 

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