Il petrolio dell’Isis, lo Stato islamico, arriverebbe anche nel Mediterraneo, in una raffineria italiana. Quindi forse anche in Sardegna. L’incredibile rivelazione è contenuta all’interno di un’inchiesta giornalistica in inglese pubblicata dal giornale Al Araby al Jadeed. L’artitolo si si intitola “Raqqa’s Rockefellers” e ha come oggetto il traffico di petrolio dell’Isis (principale fonte di introiti milionari per il Califfato) verso Israele e la Turchia. Un giro d’affari da 5mila barili al giorno, per un controvalore a prezzi di mercato di circa 1,8 milioni di dollari.
In particolare a tracciare un possibile identikit della Saras di Sarroch – mai citata esplicitamente – è un funzionario di una società petrolifera internazionale. Una fonte anonima che conosce i traffici sostenuti da un prezzo più basso (30 dollari al barile, rispetto ai 40-45): un mercato di contrabbando con destinazioni finali anche europee. Questo il profilo tracciato nell’articolo: “Il petrolio viene venduto a un certo numero di società private, mentre la maggior parte va ad una raffineria italiana posseduta da [nome rimosso] uno dei maggiori azionisti di una società calcistica italiana, dove il petrolio è raffinato ed utilizzato localmente”. Pochi elementi che conducono alla maxi raffineria sarda dei Moratti o alla dinastia Erg della famiglia Garrone, liguri, ex patron della Sampdoria.
In merito alla notizia pubblicata dal giornale Al Araby al Jadeed, la Saras ha inviato un comunicato, che pubblichiamo integralmente.
“In merito alle circostanze riferite dal sedicente quotidiano del Qatar, Al Araby al Jadeed, sulla base di una fonte anonima e messe in relazione con Saras, il Gruppo smentisce di aver mai acquistato grezzo di provenienza sospetta o da fornitori che abbiano agito o agiscano contro le normative nazionali ed internazionali. La ricostruzione che collega l’azienda ai flussi di petrolio provenienti da organizzazioni terroristiche è quindi destituita di fondamento”.
