Le associazioni degli Enti locali – Anci, Cal, Aiccre e Asel – si aggiungono al fronte del “no” che si sta creando nel centrosinistra sardo con l’obiettivo di trovare una soluzione alternativa all’aumento di Irpef e Irap. Le aliquote delle due imposte – quella sul reddito e l’altra sulla produzione – sono ritoccate dal 1° gennaio 2016 per fare cassa e coprire in tre anni parte dei 750 milioni di disavanzo che si contano nella sanità isolana.
Il primo a sollecitare lo studio di un’alternativa è stato nei giorni scorsi il consigliere regionale ogliastrino, Franco Sabatini, presidente della commissione Bilancio. E subito si è accodato un altro Dem dell’Aula, il nuorese vicecapogruppo Pd, Roberto Deriu.
Solo che rispetto al dibattito aperto nel palazzo di via Roma, si è fatta largo la proposta di sostituire l’aumento dell’Irpef e dell’Irap con il taglio del Fondo unico, cioè i soldi che la Regione gira ogni anno ai Comuni e alle Province.
Ed è qui che si sono inserite Anci, Cal, Aiccre e Asel, “contrarissime a ridurre l’ammontare del Fondo che di per sé è già basso”. Le quattro associazioni hanno lanciato il loro altolà oggi, durante la stessa conferenza stampa con la quale è stato sollevato il rischio impugnazione per la riforma delle Province.
Il tema lo ha introdotto, a nome di tutti, il presidente dell’Anci, Pier Sandro Scano. Che ha detto: “Ribadiamo che siamo d’accordo sul fatto che non è stata la miglior scelta quella di coprire il disavanzo in sanità aumentando Irpef e Irap. E questo per via della ancora difficile congiuntura economica della nostra Isola. Ma di certo l’alternativa non può essere trovata nella riduzione delle risorse per gli enti locali. Vale la pena ricorda che dal 2007 a oggi i trasferimenti statali per i Comuni italiani sono diminuiti di 18 miliardi, di cui 8 cancellati negli ultimi tre anni. La Sardegna ha pagato questa politica con 400 milioni di minori risorse incassate”.
Scano, volutamente, non ha fatto nomi su chi materialmente ha proposto di contenere la spesa per il Fondo unico. “Sappiamo – si è limitato a osservare – che l’opzione è stata condivisa da diverse consiglieri. Noi la rispediamo al mittente perché si tradurrebbe in un taglio dei servizi. Ma più ancora la scelta obbligherebbe gli enti locali ad aumentare l’addizionale comunale. Per i contribuenti sarebbe una presa in giro, visto che la maggiorazione dell’aliquota regionale verrebbe sostituita con un’analoga misura a livello municipale. L’Anci, ovviamente, non ci sta a queste furberie che semplicemente sposterebbero il prelievo fiscale dalla tasca destra a quella sinistra”.
Quindi ecco la proposta delle associazioni con “una vera alternativa, non una finzione: noi – è andato avanti Scano – crediamo che la Giunta debba trattare col Governo per vedersi ridurre gli accantonamenti”. Ovvero, la somma che la Sardegna, per la sua quota parte, si fa trattenere dallo Stato per contribuire al risanamento del debito pubblico nazionale. Per il 2016, come nella Finanziaria approvata dall’Esecutivo un mese fa, questa voce equivale a 681 milioni.
Per Scano, la Sardegna può ricontrattare questa cifra “in base all’articolo 27 della legge 42/2009, una norma – ha proseguito il presidente dell’Anci – che riconosce un diritto di perequazione e solidarietà alla regioni a statuto speciale come nostra Isola”.
Praticamente, si tratterebbe di versare allo Stato meno accantonamenti e utilizzare la parte risparmiata per coprire il disavanzo in sanità. “Sappiamo bene – ha ricordato Scano – che la concertazione con Roma non si può aprire e chiudere in due mesi. Ma noi facciamo la nostra proposta perché ci risulta che l’articolo 42 non sia stato preso ancora in considerazione. Avanziamo così la nostra soluzione e lo facciamo guardando pure all’articolo 13 dello Statuto sardo, quello col quale è previsto l’inapplicato Piano di rinascita per la Sardegna”.
Scano ha condiviso l’opzione degli accantonamenti da ridurre con i presidenti del Cal (Giuseppe Casti), dell’Aiccre (Tore Sanna) e dell’Asel (Rodolfo Cancedda). E ha poi messo sul piatto ulteriori modalità di risparmio, inbtervenendo sulla riduzioni dei costi della macchina regionale. “Possiamo pensare – ha concluso – di unificare le agenzie regionali per l’agricoltura (e sarebbe comunque un paradosso visto che dieci anni fa sono state spacchettate dalla giunta Soru in nome del risparmio). Ancora: “Proponiamo all’Esecutivo e al Consiglio di intervenire con la riorganizzazione dei consorzi industriali e di bonifica. Si potrebbe fare cassa anche mettendo mano al patrimonio immobiliare della Regione”.
Al. Car.
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