Concessioni balneari, allarme dei gestori sardi per la riforma Draghi approvata dal governo

Stop al regime di proroga per le concessioni balneari, così come deciso alcuni mesi fa dal Consiglio di Stato. Dal 1° gennaio 2024 saranno assegnate tramite evidenza pubblica, ma tutelando gli investimenti fatti finora e allo stesso tempo favorendo chi proporrà nuovi investimenti legati alla qualità dei servizi e anche al contenimento dei prezzi. Così ha deciso ieri all’unanimità il Consiglio dei ministri, approvando un emendamento al Dl Concorrenza e un disegno di legge che prevede una delega al governo per l’adozione, entro sei mesi, di uno o più decreti legislativi per semplificare la disciplina sulle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative.

La scelta di portare in Cdm la riforma delle spiagge è arrivata quasi a sorpresa e mentre Fdi si è scagliata contro quello che Giorgia Meloni ha definito il primo “atto di esproprio” per 30mila imprese italiane, le associazioni di categoria sono in allarme e minacciano barricate se il testo non verrà modificato in Parlamento.

Così in Sardegna tremano i titolari delle 1.200 concessioni balneari presenti lungo i 1.897 chilometri di coste – l’Isola è la Regione italiana con il maggiore sviluppo costiero. “Non siamo contenti – spiega Claudio Maurelli, presidente di Federbalneari Sardegna a Sardinia Post – stiamo sensibilizzando tutti i parlamentari sardi per la presentazione di un emendamento che modifichi il testo della bozza approvata dal governo”. In particolare, secondo Federbalneari, serve prima di tutto la mappatura di tutte le concessioni sarde, che avrebbero delle specificità rispetto a quelle delle altre regioni italiane: “Intanto sono concessioni piccole, con una grandezza media di 600 metri quadrati: più della metà arrivano a 200 metri quadrati, le restanti variano tra i 500 e i 2.000, e soltanto il 2 per cento è composto da concessioni pertinenziali, con strutture non amovibili”, sottolinea Maurelli. Inoltre si tratta di bassi fatturati e la norma inserita dal governo che lega le concessioni agli investimenti in Sardegna è problematica.

Federbalneari, in accordo con la Regione, punta intanto alla realizzazione di una mappatura di tutte le concessioni, anche quelle che riguardano mari e fiumi, per poi valutare il da farsi. Le associazioni sono in costante contatto in queste ore con l’assessore regionale degli Enti locali Quirico Sanna che segue l’evoluzione della situazione, ma alcuni non perdono le speranze di veder modificato nel passaggio parlamentare il testo.

“Siamo ancora alla fase della proposta e abbiamo una bozza di riforma, ora si apriranno i tavoli, soprattutto quello tra Stato e Regioni, per discutere delle singole misure”, sottolinea Claudio Del Giudice, presidente del Sia, Sindacato dei balneari. “La direttiva Bolkestein (da cui sono partite le procedure di infrazione e sono scaturite le sentenze della Cassazione ndr) è un’aberrazione, il nostro settore non doveva essere nemmeno inserito”, aggiunge. Il Sib non boccia la procedura di evidenza pubblica, “ma ci devono essere delle premialità per chi ha investito e ogni giorno si occupa della pulizia e della bonifica delle spiagge, servizi che non vengono mai tenuti in considerazione quando si parla di noi gestori – sottolinea Del Giudice – oltre che un tempo congruo al rientro degli investimenti, si pensi che in Spagna e Portogallo le concessioni durano 75 anni per le leggi che gli Stati hanno fatto a tutela delle imprese e che l’Italia invece non ha mai fatto”.

Marzia Piga

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