“Comune che vai, burocrazia che trovi”: report Cna sulla giungla delle pratiche

Per aprire un salone di bellezza in Sardegna bisogna assolvere 65 adempimenti burocratici che coinvolgono 26 enti diversi e comportano una spesa di 17.535 euro. Aprire un bar è ancora più difficile e richiede fino a 71 pratiche che coinvolgono anche in questo caso 26 enti diversi con i quali, però, ci si può dover ‘interfacciare’ fino a 41 volte perché bisogna sbrigare più pratiche nello stesso ufficio. La spesa sfiora i 15mila euro. Il massimo della burocrazia riguarda l’autorizzazione ad aprire un’autofficina: un aspirante autoriparatore è costretto a 86 adempimenti complessivi e ben 30 enti con cui interagire per completare l’iter, per un totale di 48 contatti comprese le pratiche multiple. Costo: oltre 18.550 euro.

Il peso degli adempimenti burocratici e il loro impatto sull’avvio delle piccole attività artigianali è stato fotografato dalla Cna (Confederazione nazionale degli artigiani) con la prima edizione dell’Osservatorio “Comune che vai, burocrazia che trovi”. L’indagine analizza cinque tipologie d’impresa (acconciatura, bar, autoriparazione, gelateria, falegnameria) calcolando nel dettaglio il numero di adempimenti, degli enti coinvolti e delle operazioni necessarie all’apertura, oltre al costo totale dell’autorizzazione. Lo studio analizza inoltre alcuni aspetti dell’apertura d’impresa comuni a tutti gli aspiranti imprenditori: gli adempimenti relativi alla salute e alla sicurezza, la pratica per esporre l’insegna, la ristrutturazione dei locali, l’assunzione di un apprendista.

“Nonostante le differenze tra Comune e Comune – spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – tutte le attività sono paralizzate da una marea di adempimenti burocratici che incidono in termini di tempi e di denaro. È assurdo che la pubblica amministrazione chieda 86 adempimenti a chi voglia aprire un’attività di autoriparazione. Anche chi ha di fronte la strada relativamente più agevole, come un aspirante acconciatore, se ne ritrova di fronte 65. Quanto alle spese – proseguono i rappresentanti della Cna Sardegna – è inconcepibile che si possa arrivare a dover spendere quasi 20mila euro per aprire una azienda. Somme che potrebbero essere adoperate più proficuamente per acquistare macchinari e attrezzature necessari all’attività. Purtroppo – concludono Piras e Porcu – la burocrazia continua a rimanere un elemento che frena le potenzialità di sviluppo e di crescita , prestando il fianco non di rado a comportamenti opachi che alimentano la corruzione. Questo nonostante i numerosi tentativi di riforma, i proclami di ogni governo e di ogni forza politica, l’avanzare dei processi di innovazione e digitalizzazione. Da anni la Cna Sardegna chiede invano alla Regione di iniziare un radicale processo di semplificazione che faciliti la vita delle imprese sarde”. Sotto, i dettagli sulle diverse tipologie di atività.

Acconciatura. Sessantacinque adempimenti. Ventisei enti coinvolti da consultare 39 volte (39 file reali o virtuali). Una spesa di 17.535 euro. A monte della presentazione della Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) va previsto il superamento di un esame teorico-pratico a compimento di un corso triennale e di uno stage dalla durata variabile: dalle 500 alle 1.200 ore. “Oltre alla documentazione obbligatoria per legge, da presentare al Suap (Sportello unico attività produttive) un terzo dei Comuni pretende attestazioni facoltative che possono essere molto onerose”, si legge nel report Cna.

Bar. Aprire un bar richiede  fino a 71 adempimenti. L’aspirante imprenditore deve aver frequentato un corso che costa in media sui 600 euro ma dura tra le cento e le 160 ore. Le pratiche obbligatorie sono cinque. “Un terzo dei Comuni, però, ne richiede anche altre: dalla relazione sui locali e le attrezzature (140 euro) alla verifica dell’adeguatezza dei locali (300 euro), dal certificato di agibilità (mille euro) alla verifica dell’impianto elettrico”, scrivono da Cna I diritti Scia spesso sono gratuiti, ma in alcuni Comuni il loro costo supera i 100 euro.

Autoriparazione. Un aspirante autoriparatore, come detto, si trova davanti fino a 86 adempimenti complessivi da assolvere. Per diventare responsabile tecnico di un’attività di autoriparatore (meccatronica, gommista, carrozzeria) occorre un corso propedeutico della durata di 500 ore che costa 2mila euro. I diritti Scia oscillano tra la gratuità e un costo superiore ai cento euro. Molte amministrazioni, inoltre, fanno ulteriori richieste rispetto a quelle previste dalla normativa unica. “Particolarmente numerosi per l’aspirante autoriparatore sono gli adempimenti ambientali, dall’impatto acustico all’assimilazione acque reflue”.

Gelateria. L’aspirante gelataio può trovarsi ad affrontare fino a 73 adempimenti, con 26 enti coinvolti e 41 contatti e una spesa per le pratiche burocratiche che da sola arriva a superare i 12.500 euro (12.660 per la precisione). Anche in questo caso è previsto come pre-requisito quello della frequenza di un corso di somministrazione alimenti e bevande. L’iter burocratico vero e proprio si apre con la presentazione della Scia, di solito accompagnata da una notifica sanitaria. “Agli adempimenti standard in questa fase alcuni comuni ne aggiungono di facoltativi: dalla planimetria con relativa relazione alla verifica dell’adeguatezza locali e dell’impianto elettrico”.

Falegnameria. Per aprire una falegnameria gli adempimenti possono arrivare a 78, gli enti coinvolti a 26. L’aspirante imprenditore (o chi per lui) si deve confrontare con la pubblica amministrazione 39 volte. Questa girandola di impegni porta fino a 19.742 euro la spesa per le pratiche burocratiche. L’adempimento più oneroso è il certificato controlli antincendi rilasciato dai vigili del fuoco: mediamente costa 1.600 euro e il rilascio avviene dopo 60 giorni. “Data la particolarità dell’attività di falegname – spiegano dalla Cna – non sempre è il Suap l’interlocutore di riferimento. Talvolta è un apposito sportello comunale al quale si può inviare tramite Pec e/o in via telematica”. Rispetto ad altre attività la falegnameria presenta un numero molto elevato di obblighi ambientali. “Con costi, tempi ed enti coinvolti estremamente variabili da un Comune all’altro”. Rimanendo nelle spese ordinarie, si va da 150 a 600 euro per le pratiche relative allo scarico di acque reflue, da 500 a 1.000  euro per l’impatto acustico, da 150 a 700 euro per l’industria insalubre e da 500 a 1.100 mila euro per le emissioni in atmosfera.

Salute e sicurezza. La normativa italiana in materia  si caratterizza per “l’eccessiva complessità e per l’assenza di modularità tra le varie imprese – si legge ancora nel report Cna -. Di conseguenza viene imposta a tutti i datori di lavoro l’adozione degli stessi obblighi documentali e formativi, senza riguardo alla pericolosità dell’attività o alla dimensione dell’impresa. La complessità si traduce anche in onerosità: la spesa media per gli adempimenti su salute e sicurezza sul lavoro va da 1.854 euro per attività di gelateria e acconciature, considerate a basso rischio, a 2.119 per i bar, a 4.414 per l’autoriparazione e addirittura a 5.784 euro per la falegnameria”.

Insegne di esercizio. L’autorizzazione al posizionamento di cartelle, insegne di esercizio e altri mezzi pubblicitari coinvolge fino a dodici enti. Per ogni genere d’insegna, se l’attività è prospicente una strada statale, sono chiamate a dare la loro autorizzazione anche la Provincia e l’Anas. In ogni caso, anche per un’insegna di piccole dimensioni posta al di sopra di un’attività in una zona semicentrale, è necessaria una consulenza tecnica con la quale redigere la documentazione da consegnare. Se l’insegna va collocata in un centro storico, la situazione si complica. L’autorizzazione, infatti, in questo caso ha necessità anche di un nulla osta paesaggistico e di un via libera della Polizia municipale.

Assunzione di un apprendista. La legislazione del lavoro prevede tre diverse tipologie di apprendista. L’Osservatorio della Cna ha scelto come esempio il contratto di apprendistato professionalizzante per il quale il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la formazione professionalizzante, la cui durata e modalità di erogazione sono stabilite dal Contratto collettivo nazionale di lavoro o da accordi interconfederali. La formazione va integrata dall’offerta formativa pubblica finalizzata all’acquisizione di competenze di base (da 40 a 120 ore). Il costo medio di questi adempimenti è di 400 euro e gli enti di riferimento talvolta sono diversi. “Il datore di lavoro è costretto pertanto a comunicare più volte e a più enti le stesse informazioni in contrasto anche con il divieto di chiedere alle imprese documenti e informazioni già in possesso della Pubblica amministrazione”, concludono da Cna.

 

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