Il pecorino romano – prodotto al 95 per cento con latte sardo – piace ai giapponesi, sempre di più. Nel Sol Levante il formaggio ovino nostrano è entrato a pieno titolo nelle abitudini alimentari. Stando ai dati del Consorzio guidato dal presidente Salvatore Palitta, il consumo annuale continua a salire: le esportazioni di pecorino hanno raggiunto in tre anni i 4mila quintali, pari a un giro d’affari da tre milioni di euro in tre anni.
I numeri del mercato nipponico fanno da sfondo alla chiusura del primo grande accordo commerciale: il marchio collettivo del Pecorino romano dop, rappresentato da una testa di pecora stilizzata, è stato registrato dagli uffici nipponici. L’intesa è internazionale e passa attraverso l’Ue. L’obiettivo è garantire origine, natura e qualità. Innanzitutto contro il mercato dei falsi alimentari. Ovvero prodotti che finiscono sui banconi dei supermercati con nomi simili, ma nulla hanno a che vedere con il vero dop (leggi qui).
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In Giappone il consumo diretto dei formaggio naturali come il pecorino è cresciuto del 7,5 per cento, pari a 192.681 tonnellate annue. Che valgono il 60,1 per cento della domanda totale, pari a 325mila tonnellate. Certo: le abitudini richiedono tempo per modificarsi. In Giappone continua a resta alto anche il consumo di formaggi fusi, la cui richiesta è ugualmente cresciuta di 7,4 punti base, per una ragione su tutto: l’economicità del prodotto. Che indubbiamente signifioca pure bassa qualità.
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Il vantaggio per l’espansione del pecorino romano nel Sol Levante è la concentrazione geografica: il formaggio viene acquistato nelle grande aree metropolitane, dove il Pil procapite è molto elevato, pari a 37.300 dollari annui contro i 30.300 dell’Italia. La tendenza generale tra i nipponici è un costante aumento della spesa alimentare destinata al prodotto, tanto che è cresciuto di conseguenza il prezzo medio all’ingrosso, passato da 133 a 170 yen. Cioè da un euro e sessanta centesimi a due euro per un etto. Non solo: il pecorino rientra nella fascia alta dei formaggi: i consumatori possono arrivare a pagarlo anche otto euro e mai meno di quattro.
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Il progetto dell’Ue che ha portato al riconoscimento del marchio del Pecorino romano si chiama ‘Chizu”: in giapponese significa formaggio. Il Consorzio guidato da Palitta co-finanzierà il progetto investendo un milione di euro per sostenere la promozione. Dapprima nei ristoranti, poi si passerà alla grande distribuzione.