“Altro che ‘No cardo’, in Sardegna si è detto sempre sì a tutto. Ora basta”

Scontro sulla chimica verde. Il presidente dell’Isde Vincenzo Migaleddu risponde all’editorialista di Repubblica (ed ex funzionario Eni) Mario Pirani.

Dopo i No Tav arrivano i No Cardo. Lo sostiene l’editorialista de “La Repubblica” ed ex funzionario Eni Mario Pirani in un articolo (leggi) apparso sul quotidiano del gruppo “l’Espresso”. Un pezzo, quello di Pirani, che ha il sapore della strenua difesa della Chimica verde. Esponente di spicco tra i critici del progetto targato Eni-Novamont è Vincenzo Migaleddu, presidente dell’associazione Isde – Medici per l’ambiente Sardegna, scienziato e sostenitore della richiesta di moratoria per tutti i nuovi impianti da fonti fossili e rinnovabili presentata al presidente della Regione Francesco Pigliaru da circa 50 comitati territoriali. A lui SardiniaPost ha voluto chiedere un parere sul progetto della Chimica Verde, prendendo spunto da quanto sostenuto da Pirani nel suo intervento apparso su La Repubblica.

Per l’editorialista de La Repubblica, il motto dell’opposizione alla Chimica verde è “No Cardo! Guai a chi lo tocca!”. È così?

Come confermato anche dal presidente dell’area industriale di Porto Torres Franco Borghetto, il primo raccolto sperimentale di cardo è andato molto male. Quindi non c’è niente da toccare, semplicemente il perno della Chimica Verde non esiste. Purtroppo per Pirani, la Facoltà di Scienze Coloniali in cui si studiavano le culture dei popoli e dei territori che l’Italia doveva conquistare non esiste più. Ci fosse stata, il giornalista avrebbe saputo che per la cultura sarda il cardo è espressione di degrado. Il detto “est totu cardu goreu” in riferimento ai luoghi abbandonati in cui cresce il cardo mostra quanto siano ancora attuali gli insegnamenti della cultura contadina in Sardegna.

Prima si deve sapere cosa fare delle aree da risanare, poi fare le bonifiche necessarie, stimate dall’ex funzionario Eni in 530 milioni di euro…

L’esperienza delle bonifiche di Bertolaso a La Maddalena non ha insegnato niente, visto che abbiamo speso centinaia di milioni di euro per un albergo 5 stelle plus con vista su discarica sottomarina. Che ora giace abbandonato a se stesso, proprio perché si è privilegiato il progetto alla bonifica. Sorprende poi che per Pirani la spesa necessaria per fare le bonifiche a Porto Torres sia di appena 530 milioni: Eni- Syndial ha parlato di almeno 1,5 miliardi di euro. C’è di più: gli interventi finora messi in atto da Eni non hanno funzionato, anzi i livelli di benzene nella Darsena di Porto Torres sono in continuo aumento secondo le stime dell’Arpas.

“È una bugia ridicola che la centrale a biomasse possa essere un termovalorizzatore camuffato”, scrive Pirani. Poi precisa che sul piano tecnico la combustione di rifiuti è possibile, su quello politico no. 

Notiamo dunque che il giornalista ha capito che la centrale può bruciare rifiuti. Per il resto, la centrale a biomasse non è altro che un cavallo di Troia con cui Eni Power s’inserirà nel mercato incentivato dell’energia, che in Sardegna è molto florido. Tanto da causare un aumento di circa il 30% dei costi sostenuti dagli utenti sardi in bolletta. E poi ci sono i problemi di carattere sanitario: la biomassa ha infatti un coefficiente di emissione di particelle sottili e ultrasottili, di diossine e furani superiore anche a quello dell’olio combustibile. Ma in un’area come quella di Porto Torres non si può procedere a nessuna aggravio delle matrici contaminate.

Per Pirani, l’opposizione alla Chimica verde nasconderebbe un sì ad eolici e fotovoltaici. È così?

In Sardegna, con gli impianti eolici, fotovoltaici e idroelettrici già installati si potrebbe già coprire il fabbisogno secondo la profilatura dei consumi giornalieri. Insomma, qui ci troviamo avanti rispetto all’Italia e possiamo già pensare di liberarci dei combustibili fossili e delle biomasse.

“Il no a priori è il maggior ostacolo ad uno sviluppo industriale programmato della realtà sarda”, si legge nell’articolo apparso su Repubblica. Insomma, non si può dire sempre no a tutto.

Al contrario, in Sardegna si è sempre detto sì a tutto. E i risultati parlano chiaro: con oltre 445.000 ettari avvelenati siamo la regione più inquinata d’Italia. Queste sono anche le aree in cui l’inquinamento ha fortemente influito sulle condizioni di salute delle popolazioni, come i rapporti Sentieri hanno dimostrato. Sempre qui ci sono i più alti tassi di disoccupazione e degrado sociale. È dal risanamento che si deve partire per affermare un modello di sviluppo in grado di produrre maggiore benessere, anche economico, rispetto alla monocultura industriale. Queste richieste, che gli oltre 40 comitati territoriali porteranno a Portoscuso sabato 28, incominciano a fare capolino anche in Regione, come mostra il no di Pigliaru alla firma del protocollo sulle servitù militari.

Piero Loi

 

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