Bankitalia, l’economia sarda rallenta la caduta: timidi segnali di ripresa

La buona notizia è che si va male ma meno di prima; la cattiva è che famiglie e giovani – in particolare quelli più istruiti – continuano a faticare paurosamente: le prime spesso galleggiano a malapena, centellinando le spese, i secondi emigrano sempre più massicciamente, soprattutto verso l’estero. In mezzo a questo deserto ci sono alcuni timidi segnali positivi: cresce l’occupazione femminile, il turismo e l’agroalimentare macinano risultati lusinghieri. È la sintesi dell’economia della Sardegna nel 2014 secondo il rapporto stilato dalla Banca d’Italia in un documento di oltre 100 pagine. «Siamo entrati in una fase di transizione dopo una lunga stagione di pesante recessione – ha commentato il direttore della sede di Cagliari, Luigi Bettoni – e il 2014 ha fatto registrare alcuni deboli sintomi d’inversione di tendenza». Ancora troppo poco ma sufficiente a far dire – seppur a mezza voce – che la fase più dura è alle spalle. Il Pil regionale – la ricchezza totale prodotta nell’isola – anche nel 2014 ha registrato un saldo negativo: -1.8%, meglio del 2013 quando il tonfo fu rovinoso, -3.4%. Pesano i consumi privati, ancora al palo, e un settore pubblico che subisce continue sforbiciate.

FAMIGLIE E GIOVANI I PIU’ COLPITI. Ma se la caduta si è interrotta, più perché siamo arrivati a terra e stiamo strisciando al suolo, ciò non significa che le cose siano migliorate per tutti. Nel 2014 il 24% delle famiglie era senza un lavoro, in sostanza quasi una su quattro. E la povertà fa entrare in un pericoloso circolo che si autoalimenta perché chi ha poco ovviamente spende il minimo e ben difficilmente ottiene un sostegno anche dagli istituti di credito anche se, in questo caso, il fenomeno si è attenuato; nel 2014 il calo di prestiti è stato dell’1.7% contro il 2.5% del 2013. Annaspano drammaticamente i giovani: il 37% tra i 15 e i 34 anni – l’anno passato non aveva occupazione, dato in aumento di due punti rispetto a quello precedente.

LA NUOVA EMERGENZA: I LAUREATI IN FUGA. L’isola non è terra che premia l’istruzione elevata. La tendenza a fare le valigie per costruirsi un futuro altrove è schizzata verso l’alto nel triennio 2011-2013; in questo lasso di tempo circa 15 persone tra i 15 e i 34 anni ogni mille abitanti hanno trasferito la propria residenza fuori dalla Sardegna, un quarto di questa fetta è costituito da laureati. Capitale umano qualitativamente elevato che è costretto ad andare via per mancanza di occasioni.

OCCUPAZIONE COL SEGNO POSITIVO, MERITO DELLE DONNE. Tra i dati positivi spicca quello sugli occupati, +0.3% rispetto al 2013 (tradotto circa 2 mila posti in più), numero in linea con la media nazionale (+0.4%) e molto migliore se confrontato con quello delle altre regioni meridionali. Merito soprattutto delle donne +1%; exploit che ha compensato la diminuzione di addetti della componente maschile, -0.2%. Tra i settori più vivaci: servizi (turismo e ristorazione) e agricoltura. Con contratti spesso “leggeri”: l’aumento maggiore, +8.3%, è stato per i part-time di natura involontaria, cioè riguardano persone che lavorano con questo inquadramento perché non hanno trovato impiego a tempo pieno. E la crescita di partecipazione al mercato del lavoro si è riflessa sull’aumento del tasso di disoccupazione- 18.6% la media del 2014 contro il 17.5% del 2013; questo perché è cresciuta la quota di coloro i quali si sono messi alla ricerca attiva di opportunità.

I SETTORI TRAINANTI: TURISMO E AGROALIMENTARE. Stando ai dati provvisori forniti dall’amministrazione regionale – si legge nel rapporto – presenze e arrivi nelle strutture ricettive isolane vanno sempre meglio e sono aumentate rispettivamente del 5.6% e dell’8.9% nel paragone col 2013. Sardegna che è meta per un numero crescente di turisti sia italiani (+4%), sia stranieri (+7%) ma anche polo del traffico merci: il porto industriale di Cagliari è al quarto posto in Italia per flusso estero su estero. L’agroalimentare fa continui passi in avanti, +2% e traina le esportazioni che complessivamente crescono dello 0.6% dopo il tonfo rovinoso di dieci punti percentuali. Ossigeno che rianima almeno in parte il comparto dei servizi che risente ancora della debolissima domanda interna.

LE COSTRUZIONI. Il peggio sembra passato, segni di vitalità soprattutto nell’ambito della realizzazione di opere pubbliche, dove si registra un confortante +2.4% degli investimenti; fatica a ripartire l’edilizia privata, cala leggermente il numero di compravendite d’immobili. A zavorrare il tutto la maggior difficoltà a ottenere credito: le banche ne concedono sempre di meno a chi sta in questo settore.

LA FINANZA PUBBLICA LOCALE. La spesa pubblica pro capite delle amministrazioni locali è in calo costante, -0.9% all’anno nel triennio 2011-2013. Nello stesso arco temporale, quella sanitaria è cresciuta mediamente dello 0.8% annuo mentre nel 2014 – ma i dati sono ancora provvisori – c’è stata una contrazione leggera -1%. Segno meno pure sul fronte delle entrate con una riduzione media dello 0.4% tra il 2011 e il 2013 degli introiti tributari delle amministrazioni locali della Sardegna. A concorrere in misura opposta la Regione con un -0.9% e i Comuni le cui entrate sono impennate +5.6%

CURIOSITA’: TASSE LOCALI ALTE MA MEGLIO CHE ALTROVE. Il prelievo a livello locale è stato molto vario su base nazionale, tuttavia le famiglie sarde sono state spremute meno che altrove. Nell’isola, un nucleo tipo (due lavoratori dipendenti con due figli a carico) ha dovuto sborsare 1600 euro per la fiscalità locale nel 2014, un importo inferiore del 15% rispetto a quello medio delle altre regioni italiane.

IL FUTURO. La parola ripresa è azzardata ma lo scenario che si va disegnando nel 2015 fa essere ancora più ottimisti. Tuttavia, nonostante l’orizzonte sembri più sgombro, restano ancora nubi minacciose. I nodi maggiori per la Sardegna riguardano i giovani e le imprese. Le energie migliori e qualificate abbandonano l’isola, impoverendola sempre più sotto il profilo del capitale umano. Il tessuto imprenditoriale, invece, pur tra molte eccellenze è ancora troppo debole perché innova e investe poco e non si apre al mercato estero. Per invertire la rotta bisogna mettere in campo uno sforzo collettivo: «Politica, imprese, burocrazia e sistema bancario devono fare ciascuna la propria parte – ha sintetizzato Luigi Bettoni – per evitare il pericolo di adagiarsi su una bassa crescita, rinunciando alle straordinarie opportunità offerte da questa congiuntura».

Giovanni Runchina

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