“Novecento”, lo sguardo sulle guerre di Fresu: una preghiera all’umanità

C’è un secolo che picchia forte tra i soffitti a grandi volte dell’Exma’. Un secolo che bisognerebbe staccare da quelle cornici, strappare da quei muri, dimenticarlo. E invece rimane fermo lì, il secolo dei “tredicimilaeottocento”, il numero straziante di morti che la Guerra del 15-18 strappò alla Sardegna. Un numero impressionante di nomi e cognomi appartenuti a soldati, ufficiali, giovani e padri di famiglia, una sfilza assordante e luttuosa che scivola nero su bianco nell’installazione che ti accoglie sulla soglia, e che ti esplode improvvisa in faccia, come un pugno. Inaspettato e violento.

C’è un senso di stordimento che non ti abbandona mai mentre inizi a sprofondare dentro la palpabile tragicità di quel Novecento, un senso di stordimento che diventa morso feroce, e poi rabbia. Una rabbia cieca che foto dopo foto, documento dopo documento, rimbalza in testa accompagnata da una domanda inevitabile ed ossessiva: perché? Perché il male subito non è servito? Perché milioni di morti, ieri oggi e domani non serviranno mai a niente? Perché la furia della guerra continua inesorabile, cinquanta, cento anni dopo, con inaudita ferocia e violenza?

Invano cercare una risposta. Tra gli spazi in penombra, le immagini della grande tragedia si susseguono. Un volto dietro l’altro. Una vittima dietro l’altra. E braccia e gambe e corpi amputati, gassati, mutilati per sempre. A Dachau come a Phnom Penh, in Siria come in Afghanistan. L’identica danza macabra che la tecnica del pop-up utilizzata da Antonello Fresu -autore della mostra, psichiatra e psicanalista, avvicinatosi ai corto circuiti dell’arte contemporanea sin dal 2004 nei padiglioni del Pav di Berchidda– rende ancora più vivida, ritagliando, come fanno i bimbi più piccoli, profili e sagome di cartone riprodotti in scala. Una tecnica innocente, e forse anche per questo ancora più angosciante, piccoli teatrini del dolore incorniciati da lastre di ferro arrugginite che sembrano animare lo strazio di uomini e donne in fuga.

Una mostra che dovrebbe diventare un’esperienza itinerante, un appuntamento con la storia obbligatorio, da mostrare non solo a giovani e studenti, ma soprattutto ai politici, agli uomini della finanza, ai grandi economisti e strateghi del nostro quotidiano. Un’esposizione da imparare a memoria, da sussurrare come una preghiera, compreso quello struggente video girato da Marino Cao che mostra la processione muta di Sant’Efisio nel maggio del ’43, una processione intima, delicata e profonda tra gli spettri dei palazzi di una Cagliari martoriata.

(NOVECENTO è un progetto artistico di Antonello Fresu a cura di Giannella Demuro e Ivo Serafino Fenu, realizzato in collaborazione con il Pav, Progetto di Arti Visive dell’Associazione Culturale Time in Jazz. Apertura al pubblico: dal 19 dicembre 2015 al 21 febbraio 2016. Orario di visitadal martedì alla domenica, orario continuato dalle 9 alle 20. Ingresso: 3 € intero. Telefono: 070666399)

Donatella Percivale

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