“In viaggio con Umberto Eco”, il ricordo di Franciscu Sedda

E’ morto nella notte Umberto Eco, 84 anni, semiologo e grande esperto di comunicazione. Di seguito il ricordo di Franciscu Sedda, ricercatore in Semiotica all’Università Tor Vergata di Roma, che lo aveva ospitato a Carloforte nel giugno del 2010 in occasione del “Festival Uize” dedicato alle isole e organizzato dallo stesso Sedda.

Cullato dalle onde del mare e dal tremolio del traghetto che da Portoscuso porta a Carloforte, il prof si gode il tiepido sole del tardo pomeriggio di fine giugno. Poi d’improvviso – il sogno ad occhi aperti è arrivato al punto – attacca con la sua voce profonda e un po’ roca: “In ciassa de Ferrari, carruggi e carruggin, gh’è certe scignurigne…”. E mentre Danko e Ornella sobbalzano e tutti gli altri sul ponte si girano a guardare io non posso che fargli eco, aggiungendomi al canto che celebra le “signorine” dei vicoli genovesi: “…che se fan ballò i tetin! / Olidin, olidin, olidena, sabbu a Camuggi, dumenega a Zena…”. Il viaggio ha inizio.

***

Il viaggio ha inizio. Ed è un gran viaggiare.
Si va per le isole del senso, esplorando reti del sapere, trascinati da sferzate d’ironia. Portolani ed enciclopedie, mappe e fiabe, fumetti e film, trattati e ricordi personali. Genio individuale e memoria collettiva, erudizione e cultura popolare, immaginazione e storia. Tutto si somma, tutto si compone. Come in una gigantesca, incarnata, ekphrasis: l’immagine del sapere si rende percepibile a tutti, penetrante come un coinvolgente canto.

Canto di sirene. Come quelle che popolano le isole che proprio perché non si trovano vale la pena di cercare. Canto corale. Come quello che il narratore crea e dona di ritorno dal viaggio avventuroso, oltre i limiti del conosciuto ai comuni mortali. E viaggiano, sì che viaggiano. Professori universitari di mezzo mondo a fianco alle mie zie carlofortine. Amiche e amici accorsi dal resto di Sardegna e turisti di passaggio in questo lembo di Mediterraneo. Tutti incantanti, trascinati dal racconto, avvolti dal linguaggio.

Nella penombra del Cinema Mutua la voce di Umberto Eco espande se stessa e i confini della sala, di Carloforte, della Sardegna, del mondo. Seduti a terra, assiepati lungo i muri, giovani e vecchi, donne e uomini, studiati e non studiati – come si dice dalle nostre parti – si lasciano trasportare dalla relazione. Nella relazione.

“Perché l’isola non viene mai trovata”. È il titolo e la sintesi, è risposta ed è domanda, è testo ed è pretesto, è invito alla curiosità e forma del sapere. Umberto Eco guida la nave di isola in isola, di testo in testo. Ci rifà nuovi bordeggiando. Passa un’ora e sembra un secondo. O un’infinità. Una specie di Aleph.

***

“…Olidin, olidin, olidan, sabbu a Camuggi, dumenega a Prà!”, concludiamo all’unisono.

“La sai?”

“A Carloforte la cantiamo ad ogni festa”

“Io la cantavo da bambino quando andavo in vacanza in Liguria. L’ultima volta l’ho cantata con Renzo Piano… al funerale di Luciano Berio!”.

Ancora risuona l’eco di una travolgente risata.

Franciscu Sedda

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