Veleni a Teulada, Pm voleva archiviare. Ma la Gip: “Processo per i capi militari”

A Teulada, dentro e fuori il poligono, decenni di bombe e missili c’entrano con la devastazione ambientale. Lo ha scritto la gip Maria Alessandra Tedde che ha deciso l’imputazione coatta di cinque capi militari che avevano responsabilità sul poligono e andranno a processo per disastro innominato aggravato. La giudice per le indagini preliminari  ha così ribaltato, con un provvedimento storico, la richiesta di archiviazione che lo scorso gennaio aveva formulato il pm Emanuele Secci. Il quale riconosceva sì l’inquinamento, ma anche la necessità di fare le prove di guerra. Da lì la decisione di non mandare nessuno sul banco degli imputati, in una sorta di impunità in nome della Difesa nazionale. E questo a differenza di quanto richiesto dagli avvocati Giacomo Doglio, Roberto Peara, Gianfranco Sollai e Caterina Usala. A loro, anni fa, si erano rivolti militari e residenti a Teulada: alcuni colpiti da tumore, altri che hanno chiesto giustizia in memoria dei parenti uccisi dal cancro. A loro la giudice per le indagini preliminari ha dato ragione.

L’ordinanza della Gip fa dunque tabula rasa di quell’impostazione decisa dal pubblico ministero. Carte alla mano (e sono migliaia di pagine e relazioni), Giuseppe Valotto, Claudio Graziano, Danilo Errico, Domenico Rossi e Sandro Santroni, in qualità di capi militari, avrebbero avuto il potere di cambiare le sorti di Teulada. Fermando le esercitazioni e imponendo bonifiche che invece non ci sono mai state. A Teulada, armi e munizioni hanno continuato ad accumularsi. In particolare nella Penisola Delta: 2,78 chilometri quadrati, dove nel solo periodo compreso tra il 2008 e il 2016 sono stati sparati 686mila colpi, di cui 11.875 missili, pari a 556 tonnellate di materiale bellico.

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Spetta ora al Pm formulare materialmente l’accusa. La Gip ha anche assegnato al pubblico ministero ulteriori indagini per accertare eventuali responsabilità sull’altro possibile d’imputazione: omicidio e lesioni colposi plurimi, come chiesto sempre dai legati Doglio, Peara, Sollai e Usala. Questo è il filone più strettamente legato ai tumori. Si tratterà di stabilire se esiste un nesso tra inquinamento ambientale e tumori. La giudice ha disposto un supplemento di esami che il Pm dovrà svolgere in cinque mesi, è scritto sempre nelle diciannove pagine di ordinanza. Relativamente a questo capo d’accusa è già stata archiviata la posizione dei uno dei capi militari, Claudio Graziano, per non aver commesso il fatto, in quanto il suo incarico di responsabilità sul poligono è successivo al periodo oggetto dell’indagine.

La giudice ricostruisce con dovizia di particolari la vicenda di Teulada, cominciando proprio dai “numerosi esposti”  presentati per il tramite degli avvocati Doglio, Peara, Sollai e Usala e firmati da “cittadini residenti nel Comune di Teulada e militari”. Tutti gli esposti, fa notare la gip, prospettano “l’identica e possibile correlazione tra patologie tumorali, in alcuni casi con risvolti mortali, e le attività della base militare, con gli effetti ad esse ricollegabili ricadenti sulle persone e sull’ambiente circostante”. Nell’ordinanza viene intanto menzionata la relazione del Cisam (Centro interforze studi per le applicazioni militari) datata 2012 e nella quale si parlava di “presenza di contaminazione radioattiva in alcune aree in passato utilizzate come zone arrivo colpi per le esercitazioni a fuoco con il missile Milan”.

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Ancora: “Tra dicembre 2013 e ottobre 2014 in alcune aree del poligono di Teulata, precisamente a Braccaxius, Seddas de Crobeddu, Perda Rosa, Porto Cogolidos, vengono rinvenuti e sottoposti a sequestro frammenti del sistema d’arma sopramenzionato con radiazioni gamma superiori al fondo naturale”, è scritto ancora nell’ordinanza. Sono riportate pure alcune testimonianze: “Nel 2013 un militare della Brigata Ariete parla di produzioni di polveri e gas derivanti dalla deflagrazione degli ordigni”. Poi: nel 2015, con l’operazione Trident Juncuture, sono stati individuati “residui di armamenti riconducibili a precedenti attività”. Si tratta di materiale che a Teulada si è accumulato anche per via di “esigue o omesse attività di bonifica” collocabili “con verosimiglianza nel periodo antecedente al 2008”. E infatti tutti i residui bellici sono “sepolti nel terreno”.

La Gip menziona pure il sopralluogo di novembre 2014 nelle aree di Is Pulixi e Porto Tramatzu: “Vere e proprie discariche di rifiuti, cumuli di materiale di varia natura e derivazione, ivi compresi parti di armamenti e sistemi d’arma, aventi dimensioni che raggiungono anche un’altezza di quattro metri e un’estensione di cento”. È stato accertato che la discarica si è accumulata dagli anni Sessanta. Quindi la Penisola Delta, coi suoi 2,78 chilometri quadrati, voluta a partire dagli anni Cinquanta e interdetta anche al transito, tanto è inquinata, perché l’area “mai è stata bonificata”.

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Sulla Penisola Delta, la giudice per le indagini preliminari fa notare che risale al 1987 il primo documento in cui viene disposta la non pulizia di quei 2,78 chilometri quadrati. Ma allora non esisteva un  quadro normativo a tutela dell’ecosistema. È invece fatto gravissimo che la posizione sulla non bonifica, “perché non conveniente vista la quantità di materiale”, venga ribadita anche il 12 maggio 2008 e il 30 maggio 2010, su ordine del Cmasa (Costruzioni meccaniche aeronautiche). Eppure in Italia dal 2006 è vigente il Testo unico in materia ambientale, il decreto legislativo 152, su cui gli avvocati Doglio, Peara, Sollai e Usula hanno costruito parte dell’esposto, nella parte relativa appunto al disastro innominato aggravato. E la stessa Gip, nel richiedere l’imputazione coatta dei cinque militari, rileva la mancata applicazione del Testo unico nel poligono sardo, in una sorta di zona franca.

La Gip fa esplicito riferimento all’articolo 185 che disciplina i siti inquinati. Ed è questa la norma che si sarebbe dovuta applicare a Teulada, a “protezione dell’ambiente e della salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti”. Ma adesso i cinque capi militari andranno a processo, ha deciso la Gip respingendo la richiesta di archiviazione del Pm e dando ragioni agli avvocati Doglio, Peara, Sollai e Usala.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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