Teulada, il Pm: ‘Veleni senza colpevoli’. Ma gli avvocati: ‘Processo per i militari’

Disgraziata giustizia. Più o meno può essere sintetizzato così l’ultimo miglio di strada che separa Teulada dal suo destino di “terra di nessuno”. Mercoledì 30 settembre, infatti, il Gip del tribunale di Cagliari decide se archiviare, come chiesto dal pm Emanuele Secci, il faldone sul poligono dei veleni. Una storia di inquinamento, tumori e morti. Una storia che lo stesso pubblico ministero ha accertato in anni di indagini preliminari e perizie commissionate, ma non sufficienti per mandare a processo i vertici militari sotto accusa. Cinque uomini in divisa e con le stelle sul petto, che hanno guidato l’Esercito e la Base dal 2008 al 2015 e ricevuto, a vario titolo, avvisi di garanzia per omicidio colposo, lesioni gravi in concorso e disastro ambientale. Il magistrato inquirente vuole che tutto finisca in una bolla di sapone. Anche se da quelle parti il linfoma di Hodgkin negli uomini e il cancro polmonare nei due sessi colpiscono come fossero un’influenza.

È storia dell’11 dicembre scorso la richiesta di archiviazione depositata dal Pm. Con paradosso. Perché nello stesso dispositivo il pubblico ministero per un verso alza bandiera bianca e per un altro certifica “l’alterazione irreversibile” di alcune porzioni di poligono. Siamo nel Sulcis. A ottanta chilometri da Cagliari, dove gli avvocati Giacomo Doglio, Roberto Peara, Gianfranco Sollai e Caterina Usala, difendono malati e parenti delle vittime e si oppongono all’archiviazione sollecitando per contro “l’imputazione coatta” dei vertici militari o in alternativa “nuove indagini peritali”.

LEGGI ANCHE: Militare di leva a Teulada, poi il cancro: “L’inquinamento uccide, cerco la verità”

In vista dell’udienza di mercoledì prossimo, i quattro legali hanno diffuso oggi un comunicato congiunto in cui non è svelata la strategia difensiva, ma la direzione è chiarissima. Doglio, Peara, Sollai e Usala contestano su tutta la linea la scelta del Pm. In riferimento al disastro ambientale, i legali rilevano che “pur accertando la ricorrenza dell’elemento oggettivo”, il pubblico ministero non ritiene che il reato “sia imputabile agli indagati perché essi avrebbero agito nella legittima convinzione che la normativa in materia ambientale” non andasse applicata nella Penisola Delta, ovvero in quei quattro chilometri di poligono (su 68) alterati in maniera irreversibile, tanto che non si può andare nemmeno a piedi, visto l’elevato il grado di inquinamento. Il che significa il rischio massimo per la salute.

Gli avvocati fanno notare invece che il Testo unico sull’ambiente, cioè il decreto legisaltivo 152, è del 2006, quindi ben precedente rispetto alle presunte violazioni di legge che per i legali sono state commesse a Teulada. Attraverso “condotte omissive”. Condotte che lo stesso Pm definisce “scusabili” perché i militari, a suo dire, hanno “agito nell’adempimento del dovere di addestramento connesso agli obblighi di intervento, assunti mediante impegni internazionali sui vari fronti di guerra”. Come se l’inquinamento in nome della difesa nazionale fosse ammissibile. Così è l’elastico della legge che il Pm ha deciso di applicare per Giuseppe Valotto, Claudio Graziano, Danilo Errico, Domenico Rossi e Sandro Santroni (questi i nomi dei militari sotto inchiesta).

Quanto alle accuse di omicidio colposo e lesioni gravi in concorso, gli avvocati fanno notare, non senza fastidio, che la ribattezzata ‘Sindrome di Teulada”, così definita per l’alto numero di “patologie neoplastiche denunciate”, non sia assurdamente associata “alle fonti inquinanti presenti nel poligono militare”. Tanto che pure su questi due reati il pubblico ministero ha scelto di passare. Come se fosse solo il buon dio a decidere sulle malattie di chi abita in quel fazzoletto di Sardegna, dove è accertata pure la presenza di materiale radioattivo (leggi qui) e dove dal 2008 al 2016 c’è stata una pioggia di fuoco da 860.624 colpi, tra lanci e spari (qui uno degli approfondimenti di Sardinia Post).

LEGGI ANCHE: Il terreno di famiglia vicino al poligono: “A Teulada ci si ammala, io di linfoma”

La nota dei quattro avvocati si chiude così: “L’opposizione alla richiesta di archiviazione è un grido che si spera possa squarciare il silenzio sulla terra di nessuno perché diventi terra di tutti”. Seguono i nomi di malati e familiari delle vittime che hanno messo la faccia per chiedere giustizia su Teulada. Si tratta di Carolina Maria Bernardino, Ruben Bernardino, Enrico Cara, Gavino Fancellu, Tito Frau, Margherita Garau, Paolo Floris, Petronilla Ledda, Ada Madeddu, Graziella Alessandra Marongiu, Giuliana Martini, Onorio Meloni, Carla Maria Murgia, Chiarella Murgia, Maria Antonietta Murgia, Manolo Pinna, Piero Sechi, Franco Tiddia, Anna Maria Uccheddu, Antioco Uccheddu, Giovanni Zedda e Angelo Zucca. Ma l’elenco di chi ha lottato contro un tumore o perso la vita è molto più lungo. In Procura dovrebbero saperlo.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share