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“A Teulada inquinamento irreversibile”. Ma per il Pm non ci sono responsabili

Paradossi. Non per la giustizia, ma per chi la cerca. Ovvero i cittadini. In questo caso malati di cancro. La storia è quella di Teulada. Una storia di morti. Appena una settimana fa, la Procura di Cagliari ha riconosciuto – e si tratta di una novità assoluta – “l‘alterazione irreversibile” in alcune porzioni di poligono. Così ha scritto il pm Emanuele Secci. Eppure tutto questo non basta per aprire un processo contro i vertici militari che hanno comandato la base sarda dal 2009. Cioè da quando esiste un censimento sul materiale bellico che viene sparato nella costa sud-ovest della Sardegna. Lo stesso pubblico ministero, malgrado l’accertato inquinamento, ha chiesto l’archiviazione per i capi di Stato maggiore indagati. Così risulta dall’atto depositato l’11 dicembre.

Parte da lontano la vicenda giudiziaria. È il 2012 quando una ventina di residenti a Teulada – attraverso gli avvocati di Cagliari Giacomo Doglio e Roberto Peara – presenta altrettanti esposti. Tutti contro ignoti. L’obiettivo è chiaro: ricostruire la relazione tra i giochi di guerra e i tumori, che da quelle parti colpiscono come fossero l’influenza. Due le patologie prevalenti: linfoma di Hodgkin negli uomini e cancro polmonare nei due sessi. Per i legali Peara e Doglio è da considerarsi certa la compromissione ambientale nonché probabile la correlazione tra esercitazioni militari e malattia. Tra inquinamento ambientale e tumori. Tra contaminazione e morte. Rapporti di salute alla mano.

Le indagini del magistrato sono finite da pochi giorni. E danno ragione ai legali delle persone offese, almeno sul fronte dei danni all’ecosistema. Il pubblico ministero è partito dalla cosiddetta Penisola Delta (nella foto): quattro chilometri quadrati (sui 68 di poligono) che sono interdetti da anni. Quella è molto più di una discarica: è un’area che lo stesso ministero della Difesa ha messo sotto tutela perché non sembra esserci modo di salvarla. È addirittura classificata come “non bonificabile“. Troppo il materiale bellico che nel tempo si è accumulato.

Nella penisola perduta finivano i colpi delle esercitazioni. Era la ‘zona bersaglio‘, quella. Solo tra il 2009 e il 2014 ne sono stati sparati 686mila. Tra artiglieria pesante, missili e razzi. Tutto è ‘atterrato’ lì, in quel lembo di terra dove nessuno può entrare. Né i militari né i civili. Si aggiungano le discariche: quel paesaggio lunare, dove le bombe hanno scavato enormi crateri, è disseminato di rifiuti speciali. Il pm elenca “bossoli, proiettili, bombe intere o in pezzi”. Non solo: anche il transito dei mezzi militari ha contribuito “ad arrecare danni permanenti alle matrici ambientali”. I periti nominati dalla Procura hanno messo nero su bianco anche “il mutamento della morfologia del territorio” che si rileva, tra le altre cose, attraverso “il disfacimento integrale degli orizzonti più superficiali del suolo”.

In quei quattro chilometri di Teulada è consentita unicamente la possibilità di un volo aereo. O in elicottero. Riporta ancora il Pm, e si arriva al passaggio chiave: “Si constata un’alterazione irreversibile riguardante i suoli e la componente floristico-vegetazionale”. Un punto di non ritorno, è evidente, determinato dal fatto che “le condizioni di criticità” della Penisola Delta hanno prodotto “l’alterazione dell’ecosistema, attualmente incapace di recuperare autonomamente le originarie condizioni di naturalità”.

Sul fronte della “componente faunistica è emerso che “l’alterazione” sarebbe anche reversibile, se solo “cessassero esplosioni, inquinamento acustico ed esercitazioni militari”. Questo riguarda sia “le specie animali non legate alla componente vegetazionale”, sia quelle tutelate a livello comunitario. Il primo gruppo include la berta maggiore, il gabbiano corso, il marangone, il tarantolino e la cheppia; nel secondo sono citati il falco pescatore, il calandro, la magnanina sarda, la volpe rossa, la donnola, il cinghiale e il gabbiano reale zampegialle.

La lista degli indagati il pm l’aveva stilata. In base agli atti. Quindi ecco i nomi di Giuseppe Valotto, Claudio Graziano, Danilo Errico, Domenico Rossi e Sandro Santroni. Ovvero i capi di Stato maggiore che si sono succeduti dal 2009 al 2015. Ma “a nessuno – ha scritto il Pm nella richiesta di archiviazione – si può imputare il disastro ambientale a titolo di dolo o colpa”. Secondo il magistrato, le esercitazioni vengono decise “dall’amministrazione della Difesa nel convincimento di adempiere al dovere in modo adeguato”. E in questo solco il Pm fa rientrare pure “il compito di addestrarsi in modo adeguato ed efficace“. Non è finita: le stesse attività nella penisola Delta “erano ritenute necessarie e imprescindibili per assicurare la corretta preparazione tecnica e psicologica del personale militare”, spiega ancora il magistrato inquirente.

Di qui appunto la richiesta di archiviazione su cui il Gip dovrà esprimersi nei prossimi mesi. Sardinia Post ha contattato gli avvocati Doglio e Peara, che si limitano a una conferma: tutti i legali delle persone offese si opporranno alla decisione del Pm che verrà discussa in camera di consiglio. Si può ipotizzare che il lavoro degli avvocati sarà incentrato su un presupposto certo: l’esistenza di un disastro ambientale nel poligono di Teulada. Una condizione, questa, che lo stesso pubblico ministero ha certificato attraverso i periti. Ma quando in Italia si apre una battaglia legale contro la Difesa, l’esito sembra già scritto e quasi mai regala sorprese. Di giustizia.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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