Stupratori della natura. Anonima incendiari. Le cronache locali e nazionali nell’estate 1987 avevano coniato due espressioni forti per indicare i piromani che nei giorni di metà agosto devastarono l’Isola con il fuoco.
Nel pomeriggio del 12 agosto si erano scatenati ben 11 roghi, da nord a sud. Paura soprattutto nel Sulcis: Carbonia fu per ore avvolta da una spessa coltre di fumo, mentre a Iglesias metà del territorio comunale, ben 4500 ettari, venne distrutta dalle fiamme partite dall’oasi di sant’Angelo. Il fuoco, raccontò l’inviato sardo del Corriere della Sera Gino Zasso nella sua drammatica cronaca, raggiunse nel momento peggiore un fronte di 20 chilometri e una spaventosa altezza di 40 metri.
Il giorno dopo, scrisse ancora Zasso, “lo spettacolo era desolante: piante secolari ridotte a scheletri sinistri, vegetazione incenerita, case lesionate, greggi e mandrie carbonizzati”. Oltre ai danni, a Iglesias le fiamme portarono il terrore: il fuoco arrivò a minacciare l’ospedale pediatrico ‘Fratelli Crobu’ e così 70 piccoli pazienti vennero trasferiti, il volto protetto da mascherine, in altre strutture, a bordo di tre autobus militari, scortati mentre le fiamme circondavano l’ospedale con altissime colonne di fumo.
Il clima attorno a Iglesias era spaventoso: mentre il fuoco avanzava verso òa cittadina, si sentivano le esplosioni delle bombole del gas custodite nelle case.
Fu da subito chiaro che a dare vita all'”inferno in terra”, come venne definito dal cronista dell’Unione Sarda, non era stato il caso: le fiamme avevano saltato strade, fiumi, laghi e aree frangifuoco, ed erano scaturite contemporaneamente in diversi punti in tutta l’Isola. “È straziante vedere la Sardegna così martoriata – disse quel giorno il prefetto di Cagliari Giorgio Musio. – E non ci sono dubbi che l’incendio sia stato appiccato deliberatamente, forse ad opera di speculatori che vogliono avere nuove zone su cui costruire case”.
Nei giorni successivi le stesse, drammatiche scene: fiamme dolose a Torre delle Stelle, Narcao, San Nicolò Gerrei, Carbonia, Bitti, Buddusò, Lodè. A Oschiri gli incendiari non si limitarono ad appiccare l’incendio ma cercarono di rallentare i soccorsi con fumogeni. Esattamente un anno dopo, nell’agosto 1988, un dramma ancora più grande: un ragazzo di 13 anni e una donna di 68 morirono carbonizzati a causa delle fiamme, anche queste appiccate dall’uomo.
Una tragedia dopo l’altra a cui l’intera Isola ha assistito impotente. Trent’anni dopo la mano degli incendiari non si è ancora fermata.
Francesca Mulas
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