Terroir Sulcis, la storia della Cantina Santadi: “Il libro, un omaggio al territorio”

di Ilenia Mura

Con due milioni di bottiglie prodotte all’anno è fra le più importanti aziende vitivinicole italiane. Il suo vino più richiesto? Terre brune, Carignano del Sulcis: “Creato dall’enologo Giacomo Tachis è il primo vino rosso, sardo, affinato in barrique, annata 1984, immesso sul mercato a quattro anni di distanza dalla vendemmia, secondo un protocollo – avverte il responsabile commerciale di Cantina Santadi, Massimo Podda – sempre in vigore”. E ora che il suo presidente, il visionario Antonello Pilloni, ha appena compiuto 90 anni, la grande famiglia dei vini che nascono a Santadi ha dato alle stampe un meraviglioso viaggio fra i paesi del Sulcis, attraverso un libro che raccoglie immagini e storia. Il libro – che porta il lettore alla conoscenza di tradizioni, enogastronomia e protagonisti del sud ovest sardo – si intitola: Terroir Sulcis.

Curato da Andrea Cappelli, “Terroir Sulcis” (Extempora edizioni, 672 pagine) racconta la storia della Cantina, ma anche tutto il territorio del Basso Sulcis con un focus sui dieci comuni dove insistono i vigneti da cui provengono le uve conferite nell’azienda che si trova all’ingresso del paese, nella via intitolata al suo primo importante enologo Giacomo Tachis. In un viaggio a tappe, il libro racconta l’archeologia, la storia, la natura, le tradizioni, nonché le eccellenze enogastronomiche e artigianali del territorio.
Da Santadi a Giba, Masainas, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Sant’Anna Arresi, Tratalias, Villaperuccio. E ancora le miniere di Carbonia, o Carloforte, con la tradizione delle tonnare. I capitoli raccontano la vita delle campagne del Sulcis tutte intorno al castello Acquafredda di Siliqua. Dai furriadroxius (le case dei pastori) e i medaus (piccoli insediamenti abitativi) per passare alla storia e le tradizioni. Costumi tradizionali, gioielli tipici, nel segno della filigrana, l’orbace. E poi il sughero, fondamentale per la longevità dei grandi vini da invecchiamento, l’antica arte della coltelleria sarda. Un capitolo è dedicato a S’alimentu primu, il pane artigianale, che ancor oggi a Santadi viene cotto nel forno a legna. Non può mancare il formaggio, il miele sardo fino all’olio extravergine d’oliva. Un libro che prende per mano chi lo legge e che Podda definisce “un omaggio ai visitatori con la passione dei vini e del turismo esperienziale”.

Cantina Santadi: 220 soci e 650 ettari di areale vitato di cui 150 ettari di piante a piede franco su sabbia. Ai grandi vini rossi Terre Brune, Rocca Rubia, Noras, Araja, Grotta Rossa e Antigua, si accostano i raffinati bianchi Villa di Chiesa, Cala Silente, Pedraia, Villa Solais, Latinia, figli dell’antica tradizione enologica abbinata all’impiego delle nuove tecnologie in materia di vinificazione, stabilizzazione e imbottigliamento.

La Cantina Santadi lavora principalmente uve rosse, circa il 75% della produzione totale. I vitigni più importanti sono il Carignano, il Monica, il Sangiovese, il Syrah, il Merlot, il Bovaleddu per quanto riguarda i rossi, il Vermentino, il Nuragus, lo Chardonnay e il Nasco per i bianchi. Con l’impegno ed il meticoloso lavoro in vigna vengono mantenute basse produzioni per ceppo per garantire uve di grande pregio.

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