Sadomaso mon amour. Lisette, i suoi schiavi e il sottile piacere della sottomissione

Non solo manette e frustini: chi si avvicina al mondo del sadomasochismo sappia che si tratta di una strada tortuosa fatta di regole ferree, addestramento, autocontrollo. Parola di Mistress. Lisette ha accettato di raccontare la sua esperienza come Dominatrice, una delle poche a Cagliari all’interno di una comunità sadomaso cittadina che conta circa trenta praticanti. Oltre a questi ci sono duecento appassionati in tutta la Sardegna, iscritti in un portale che si chiama legami.org dove ci si scambia informazioni, contatti, links, si chiacchiera, si organizzano incontri dal vivo.

Una passione, quella per il Bdsm (Bondage, disciplina, sottomissione e masochismo) che ha come unica regola la consensualità reciproca, “la stessa che dovrebbe far parte di ogni relazione umana”, consiglia la redazione del sito legami.org. Chi sceglie di instaurare un rapporto improntato su sottomissione e dominazione sa a cosa va incontro: controllo fisico e mentale, ordine e disciplina, un gioco delle parti dove c’è chi comanda e chi ubbidisce.

Lisette, 35 anni, lavora nel campo dei beni culturali. Nella vita privata è lei a comandare: “Non ho scelto di avere questo ruolo, ho semplicemente assecondato la mia inclinazione alla leadership, il mio carattere”.

Per essere accettati da una padrona, a meno che non la si conosca personalmente, ci si può semplicemente candidare inviando un messaggio di posta elettronica: “Umile schiavetto si prostra al tuo cospetto pregando per la tua considerazione, considerami ti prego” o “Spero di essere alla sua altezza e di ricevere sue notizie” sono alcune delle formule di cortesia che Lisette riceve ogni giorno, con una media di venti richieste quotidiane, da chi spera di divenire suo schiavo.

Perché un ragazzo sano di mente dovrebbe desiderare un rapporto di schiavitù con una signora che lo comanda a bacchetta? “Molti uomini non sono capaci di costruirsi un rapporto stabile con una persona, alcuni hanno tendenzialmente un modo di comportarsi che spesso rasenta la sottomissione. Si annullano completamente. E sono contenti di annullarsi in cambio della felicità di una donna. Quando riescono a delegare il potere decisionale sulle loro azioni a un’altra persona il gioco è fatto, allora restano fedeli per molto tempo”. Non sarà che ultimamente, anche a causa della trilogia sulle cinquanta sfumature di E.L. James, alcuni lo facciano per moda? “Sicuramente; il problema è che chi lo fa in maniera superficiale si aspetta solo giochini con le manette, quando si rendono conto di tutto quello che sta dietro a un rapporto sadomaso rinunciano all’istante”.

Regola numero uno: consensualità e sicurezza. Numero due: il rapporto di schiavo/padrone si può interrompere in ogni momento. Numero tre: la ‘safeword’, parola di sicurezza che serve per dire stop.

“Il rapporto che instauro con i miei schiavi non è quasi mai fisico: è piuttosto una condizione di subordinazione, io ordino e loro eseguono. Fanno la spesa per me, mi puliscono la casa o la macchina, li mando a far le commissioni. Può capitare di usarli per qualsiasi cosa. A volte mi diverto a truccarli e vestirli da donna“.

E in cambio cosa chiedono? “Essere maltrattati, costretti a eseguire dei comandi, chi si può permettere di avere segni sulla pelle ama essere frustato”. Squilibrati in giro? “Moltissimi, ma basta seguire alcune regole per evitarli: mai un appuntamento da soli in posti isolati, mai rivelare il proprio nome o indirizzo ai primi incontri, mai fidarsi di impressioni superficiali”.

Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di pervertiti. “Qualsiasi cosa che differisce dalla ‘normale’ visione dell’universo uomo-donna-famiglia del Mulino Bianco viene definita una perversione. Non c’è nulla di diverso in me rispetto a chiunque altro. L’unica differenza è che io non pratico il sesso ma mi appago più con pratiche legate all’uso della mente. Pervertito è qualcuno che si masturba pensando a bambini”.

Lisette, qual è lo schiavo più schiavo che ha avuto? “Un ragazzo che beveva dalla ciotola del cane anche davanti ad altre persone, non aveva limiti fisici o psicologici, potevo comandargli di tutto. Trovare un rapporto simile però è difficile, lo schiavo che possiedo ora, ad esempio, lo considero semplicemente un cane da compagnia. Ha imparato anche ad abbaiare come un cagnolino: fa il chiwawa. A comando, ovviamente”.

Francesca Mulas

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