Il piano del Governo per l’Isola: nuovo inceneritore e tonnellate di rifiuti in più

Un nuovo impianto per bruciare 120.000 tonnellate di rifiuti in più all’anno. È il piano del governo Renzi per la Sardegna contenuto nel decreto ‘inceneritori’ che SardiniaPost è in grado di pubblicare integralmente (guarda).

Della possibilità che un nuovo inceneritore sorga nell’Isola si è molto parlato nelle scorse settimane, ma senza dovizia di dettagli. Oggi, documenti alla mano, si scopre che il governo ha addirittura aumentato di 50.000 tonnellate/anno la capacità di smaltimento che la Sardegna dovrebbe installare ex novo, portandola a 120.000 dalle 70.000 previste nella bozza del decreto circolata a luglio. “Nel complesso, il fabbisogno totale d’incenerimento dell’Isola passa dalle 249.000 tonnellate di luglio alle 300.000 di dicembre”, nota Franca Battelli di Zero Waste Sardegna. E attacca: “La Regione ha portato a casa un nuovo inceneritore”.

Quindi, se appena sei mesi fa Palazzo Chigi riteneva che il revamping degli impianti esistenti fosse sufficiente per far fronte alle esigenze dell’Isola, ora spunta fuori un nuovo inceneritore. Che in precedenza (altro mistero) veniva invece considerato non sostenibile sotto il profilo tecnico ed economico. Ma non si fa riferimento alla località in cui potrebbe sorgere.

Insomma, un bel balzo in avanti, che non ha eguali nelle altre regioni. “Le revisioni del piano inceneritori – spiega Enzo Favoino del comitato scientifico di Zero Waste Europa – sono andate nella direzione opposta ovvero verso una riduzione progressiva delle capacità di smaltimento da installare nelle diverse regioni o macroaree”. Se, infatti, Piemonte, Veneto e Liguria sono state sgravate dell’onere di ospitare nuovi impianti, il Sud ha comunque visto ridursi il carico di 160.000 tonnellate da luglio ad oggi. E già si sa che in Puglia non si costruirà nessun nuovo inceneritore.

Intanto, da parte della Regione nessuna levata di scudi, a differenza di Abruzzo, Molise, Umbria, Lomabardia e Molise, che si sono dichiarate contrarie alla possibilità di ospitare nuovi impianti. Viale Trento ha infatti optato per un sì condizionato al decreto discusso il 20 gennaio dalla Conferenza Stato-Regioni. “La realizzazione di un nuovo inceneritore deve essere condizionata alla revisione del Piano regionale dei rifiuti”. Questo l’emendamento al testo del governo proposto dall’assessore all’Ambiente Donatella Spano, che si è invece astenuta dal commentare le 50.000 tonnellate all’anno di rifiuti in più da bruciare in Sardegna.

In attesa della decisione finale, prevista per fine mese, resta da capire se un aumento del 70% della capacità di smaltimento del parco inceneritori dell’Isola sia utile o meno.

Per Favoino, la risposta è negativa, alla luce di una considerazione di carattere generale: “Il presupposto in base al quale il governo equipara il pretrattamento dei rifiuti all’incenerimento, vero cuore del decreto, è irricevibile. E non si può pertanto escludere un respingimento del piano da parte dell’Unione Europea”. “Quando poi, come avviene in Sardegna, la differenziazione dell’organico raggiunge ottimi risultati – continua Favoino – , il residuo del rifiuto è pulito e facilmente lavorabile. Per evitare l’incenerimento e minimizzare il ricorso alla discarica, ci si può allora dotare di sistemi di separazione magnetica per differenziare ulteriormente il secco, e recuperare così metalli e plastica. In questo modo, finirebbe in discarica solo materiale inertizzato”, conclude l’esperto.

Il secco residuo, attualmente equiparato all’indifferenziato (sebbene rifiuto differenziato), potrebbe anche trovare la via del trattamento a freddo tramite la tecnologia dell’estrusione. Il risultato del processo è un granulato sintetico molto apprezzato in edilizia e dall’industria automobilistica. Così ha deciso di fare la Valle d’Aosta, che con il nuovo piano di gestione dei rifiuti ha previsto una raccolta differenziata all’80% e l’estrusione per il restante 20%.

Si dirà che in questo modo non si recupera energia tramite la termovalorizzazione: ma l’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti è, secondo le stime del Piano energetico regionale, pari a poco meno dell’1% del fabbisogno isolano. Bazzecole, insomma, soprattutto se si considera che la Sardegna esporta il 46% dell’energia prodotta (dati Terna).

Ci sono poi anche i dati sulla produzione dei rifiuti relativi all’anno 2014 che incominciano a circolare tra gli addetti ai lavori. Ebbene, il trend degli ultimi anni che vede la produzione generale dei rifiuti contrarsi e la raccolta differenziata crescere trova conferme anche nelle più recenti rilevazioni. Nel 2013, la Sardegna ha differenziato 372.000 tonnellate di rifiuti (50,9%), mentre 360.000 tonnellate (49,1%) vengono considerate indifferenziate (anche perché risulano insufficienti le cosiddette piattaforme di selezione e non si hanno idee diverse dalla combustione per questa frazione di rifiuto). Con una capacità di incenerimento pari a 300.000 tonnellate di rifiuti l’anno, il rischio è quello di deprimere la raccolta differenziata.

Non mancano, poi, le preoccupazioni per la salute: “Pur ammettendo che ci siano dei filtri migliori, incrementando del 70% i quantitativi di rifiuti portati a incenerimento, si assisterà a un peggioramento delle condizioni ambientali. Che peraltro non vengono monitorate come dovrebbero: Capoterra aspetta le centraline per il rilevamento delle emissioni dell’inceneritore dal 2010. E non esistono analisi sulla diffusione delle diossine”, aggiunge Vincenzo Migaleddu, presidente Isde-Medici per l’Ambiente Sardegna.

Piero Loi

@piero-loi on Twitter

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