Omicidio colposo e furto di barca, due nuove accuse per il sopravvissuto di Stintino

Giovannino Pinna, il 35enne sopravvissuto ad aprile al naufragio nel quale morì il cugino Davide Calvia di tre anni più grande, deve fare i conti con due nuove accuse: dopo il naufragio colposo, ipotesi di reato per il quale ha ricevuto un avviso di garanzia il mese scorso, adesso deve rispondere di omicidio colposo e furto di barca in concorso con la vittima.

La notizia è riportata da La Nuova Sardegna oggi in edicola. Pinna, contro il quale in più occasioni si è scagliata la sorella di Calvia, accusandolo di “essere colpevole per il solo fatto di tacere”, è chiamato a comparire davanti alla pm Lara Salvatore nei prossimi giorni. Pinna è difeso dall’avvocato Luca Barrocu, col quale potrà presentarsi in Procura per spiegare cosa è successo tra l’11 e il 12 aprile.

L’accusa di omicidio colposo ruota intorno al fatto che sul corpo di Calvia sono stati trovati i segni di diversi traumi, la prova che l’annegamento è un fatto sopraggiunto solo in seguito e non è stato la causa della morte, ha stabilito il medico legale. La magistrata inquirente vuole dunque capire se Pinna sa qualcosa che possa spiegare gli esiti dell’autopsia. O se la sua condotta abbia potuto, anche involontariamente, causare il decesso del cugino.

C’è poi l’accusa di furto di barca: Pinna e il cugino potrebbero aver preso il largo dal porticciolo di Stintino a bordo del natante che risulta rubato. La coincidenza tra il furto denunciato e il naufragio è un’ipotesi su cui la Pm sta lavorando. Anche su questo la testimonianza di Pinna sarà importante per capire come realmente sono andate le cose.

Pinna, a differenza di Calvia trovato cadavere una settimana dopo il naufragio, è riuscito a sopravvivere perché approdato su una spiaggia, a Sorso. Ad avvistarlo, nel buio, è stato un residente della zona. Il 35enne era arrivato in ospedale in gravi condizioni, con difficoltà respiratorie, invece nel giro di pochi giorni si è ripreso e è stato dimesso.

Un altro particolare che non torna, è una questione geografica: quando Pinna lanciò l’sos dal cellulare, disse che si trovavano tra Pozzo San Nicola e la centrale di Fiume Santo. Invece in quel punto, a Ezzi Mannu, le ricerche diedero esito negativo. Non solo: dalle indagini è emerso che prima del naufragio il telefono di Pinna si era ‘attaccato’ alla cellula telefonica di Marritza, nel Comune di Sorso, dalla parte opposta.

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