L’ultima novità è il “sardo-razzismo”

L’imponente nuraghe Losa di Abbasanta con un cielo azzurro terso sullo sfondo: ai lati il valoroso guerriero nuragico con scudo in bronzo e un cavaliere della Sartiglia che conquista in corsa la sua stella in argento. Immagini familiari, legate al nostro vissuto, alla storia e alla cultura della Sardegna.

Eppure qualcosa stona nel quadretto turistico che compare sulla pagina “Generazione Identitaria Sardegna”, attiva su facebook dal 3 marzo scorso: la lettera Lambda, segno dell’alfabeto greco che ornava lo scudo dei soldati di Sparta. Che hanno a che fare i Quattro Mori e la Grecia? Quale misterioso significato dietro l’accostamento tra cavalieri della Sartiglia e Spartani?

“Diversi. Determinati a rimanerlo”, in testa alla pagina. “Generazione Identitaria Sardegna” non è altro che la sezione isolana di un gruppo ben più ampio che si sta diffondendo in Italia e Europa che fa dell’identità nazionale il suo baluardo: “Nasce per dare voce ad un popolo ormai oppresso e sempre più isolato da un progetto antieuropeo e mondialista che punta alla distruzione delle identità dei popoli” si legge nella presentazione della pagina,“Puntiamo alla salvaguardia del territorio e la difesa dell’identità sarda contro la globalizzazione, l’immigrazione e la società multietnica”.

Concetto troppo vago? Ecco cosa si intende per identità: “Difendere in ogni ambito, dando anche l’esempio quotidiano con il proprio comportamento, l’identità etnica e culturale dei quali siamo detentori”.

Se c’è ancora qualche dubbio sullo spirito razzista che anima i valorosi difensori dell’integrità europea basta dare uno sguardo ai contenuti pubblicati sul profilo: un fotomontaggio, neanche troppo rifinito, dove compare un’ammiccante ragazza bruna dai tratti orientali in posa davanti a una villetta, e accanto i minatori sulcitani chiusi nell’ascensore delle gallerie. Il tutto condito dalla didascalia “C’è chi ottiene case, soldi e benefici gratis senza muovere un dito mentre altri sono costretti a scendere fino all’inferno per vivere”. Facile facile, la contrapposizione tra gli “zingari” e i poveri lavoratori isolani, ai primi le fantomatiche ville, ai secondi neanche un aiutino.

Per chi crede che questo sia il peggio forse non ha ancora visto un’altro pezzo forte del sofisticato (si fa per dire) immaginario di “Generazione Identitaria”, questa volta di stampo nazionale e non isolano: un giovanottone in tenuta da lavoro che imbraccia con una mano un forcone e con l’altra una gallina, accompagnato dal commento “Diamo le terre abbandonate ai giovani”, forse un po’ troppo ispirata alla mussoliniana campagna del grano per poter vantarsi di originalità.

Abbiamo finito? Non ancora: tra i link compaiono articoli contro i rom e gli immigrati in generale, commenti sul ministro Cecilia Kyenge e le attiviste Femen, confronti tra la biodiversità animale e quella umana che secondo i militanti sarebbero da preservare allo stesso modo.

Ma chi sono gli attivisti di “Generazione Identitaria Sardegna”? Chi si nasconde dietro il misterioso simbolo della lambda che si fonde coi quattro mori? Un gruppetto di neofascisti di stanza a Capoterra, gli stessi che qualche anno fa avevano cercato di organizzare in un terreno comunale il concerto “Sei diventata nera”, concessione prima ottenuta e poi revocata in seguito alle proteste degli abitanti.

I militanti tornano dunque oggi sotto una sigla nuova e sposano la battaglia neonazionalista di un’organizzazione europea contro gli immigrati e il multiculturalismo.

Il risveglio di ideologie razziste anche nell’isola non è da sottovalutare, ma di sicuro chi aderisce a questi gruppi ha mai avuto notizia dell’ondata migratoria che portò negli ultimi decenni migliaia di lavoratori sardi in Belgio, Olanda, Germania, Francia e Inghilterra. Un popolo fiero, autosufficiente, chiuso nella sua identità? Non proprio: basterebbe rispolverare qualche vecchio libro di archeologia per realizzare che il nobile guerriero in bronzo faceva compagnia alle tante navicelle nuragiche, riproduzione di una flotta che già tremila anni fa portava merci e uomini in giro per il mondo. Come eravamo? Navigatori e migranti, sempre.

Francesca Mulas

 

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