Il sindaco e il bandito. Giovannelli sentito come teste sulla mediazione di Mesina per le terre sarde dei Berlusconi

È l’effetto Mesina, intendendo Grazianeddu, l’ex Primula rossa tornata in carcere a giugno per un giro di droga (e molto altro). Tant’è: in Procura, a Cagliari, l’altro giorno ci è dovuto andare pure Gianni Giovannelli, il sindaco di Olbia convocato come «persona informata dei fatti». Per l’inquilino del Municipio sono state tre ore di faccia a faccia col procuratore aggiunto Gilberto Ganassi che ha in mano il fascicolo del bandito (ex?) orgolese.

Ovvero, quei cinque anni di intercettazioni che hanno inchiodato Mesina al traffico di stupefacenti (l’accusa è associazione a delinquere), fino a regalare agli inquirenti una certezza: Grazianeddu si era inventato pure il mestiere di intermediatore immobiliare. E non per un affare qualsiasi: ha trattato sulla mai nata Costa Turchese, a Olbia, missione dell’Edilizia Alta Italia, società gruppo Fininvest, un sogno mancato per Silvio Berlusconi: la colata di cemento valeva in principio quattro milioni e mezzo di metri cubi, poi ridotti a 250mila e comunque mai autorizzati. Nel mezzo, la battaglia legale aperta contro il Cavaliere da un pastore sardo che era amico di Mesina ma anche di Giovannelli. Fatto sta che il primo cittadino ha parlato a lungo con Ganassi.

IL CONFRONTO. Il sindaco di Olbia nemmeno risponde al telefono. Ma lui, che ovviamente non è indagato, è stato chiamato in Procura perché potrebbe sapere più di altri. Del resto, Giovannelli gioca in casa. Non solo: la partita di Costa Turchese si trascina dietro quella storia alla Davide e Golia. E cioè: sui terreni della famiglia Berlusconi, per vent’anni e più ha pascolato il proprio gregge Paolo Murgia, pastore di Posada morto a 87 anni nel 2010, uno che nel ’64 si fermò in Gallura, dopo anni di transumanza, giusto quando, più a nord della Provincia, il principe Karim Aga Khan aveva scoperto il paradiso e poi fondato la Costa Smeralda.

A Murgia, Giovannelli ha battezzato in figlio, il che fa supporre che il primo cittadino conosca bene la storia della battaglia legale per usucapione. Il “Davide di Sardegna”, alla fine, rinunciò al giudizio, accontentandosi di un assegno a cinque zeri:  700mila euro, di sicuro una somma inferiore rispetto ai tre milioni chiesti dagli avvocati. In ballo c’erano 500 ettari tra Capo Ceraso e Li Cuncheddi, dove Murgia, appunto, faceva brucare capre e pecore.

IL SINDACO. A proposito di  Giovannelli, si possono fare solo supposizioni,  alla luce di quello che va cercando Ganassi. Intanto: il procuratore aggiunto deve capire perché mai Mesina sia arrivato a trattare con l’Edilizia Alta Italia. Se cioè ci sia qualcosa di più, nell’intervento di Mesina nella controversia,  della sua antica conoscenza con Murgia. Una conoscenza risalente agli anni della giovinezza, quando in una delle sue innumerevoli tappe in carcere, incontrò il pastore di Posada. Che poi, al contrario di Grazianeddu, non ebbe più guai con la giustizia. E, infatti uno degli aspetti da chiarire è come i due siano entrati nuovamente in contatto, posto che Mesina fino al 1994, quando gli fu concessa la grazia, è stato dietro le sbarre. C’è poi la domanda più importante: l’orgolese quanti soldi ha intascato per fare l’intermediario e da chi è stato chiamato a svolgere il ruolo?

(al. car.)

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