Il salviniano Caruso: “Quel commento non è di un nostro tesserato”

A quasi ventiquattro ore dall’inizio della polemica sul commento su Facebook che si augurava lo stupro della giornalista di Sardinia Post, Francesca Mulas, il segretario del Movimento Sociale Sardo Daniele Caruso interviene con una nota nella quale afferma che l’autore del commento non è un iscritto al partito e cerca di difendersi da quella che definisce una “aggressione”. “Mi vedo costretto a scrivere un Comunicato per difendermi dalla forte aggressione che sto subendo in queste ore, istigata da un caso montato ad arte associando al mio nome, a Noi con Salvini e al Movimento Sociale Sardo un commento lasciato nel mio profilo su Facebook da uno sconosciuto che non è tesserato con le citate formazioni, fatto che si può dimostrare coi libri soci”, scrive Caruso. “Diffido chiunque dal continuare ad associarmi e ad associare le citate formazioni politiche alla frase incriminata, e prego i giornalisti che tanto spazio hanno dato a una sterile e inutile polemica, di non censurare la mia replica”.

“Il caso è nato quando una giornalista di Sardiniapost.it dopo una serie di articoli “coloriti” che mi ha dedicato negli anni, nei giorni scorsi ha sfoderato un dossier pieno di errori, scambiando Movimenti per altri e confondendo iniziative politiche e formazioni studentesche”, prosegue Caruso. “Ha fatto di più, perchè ha cercato foto di anni fa nel mio profilo su Facebook e ha anche chiesto l’amicizia alla mia fidanzata senza mai rispondere ai messaggi privati. Il dossier, è stato condito dall’affermazione che io avrei “contraffatto le parole del Prefetto ad arte”, e che le avrei inventate per istigare i militanti e i simpatizzanti contro il Prefetto, che, secondo il suo dossier, avrebbe proferito altre parole, e non quelle da me riportate. L’articolo, così confezionato, è stato dato in pasto all’opinione pubblica. E questo costituisce una evidente diffamazione e un ingiustificato attacco personale, se non qualcosa di più grave. In replica, ho pubblicato, sempre su Facebook, il video in cui il Prefetto pronuncia esattamente la frase da me riferita. Sono partiti i commenti di chi mi segue. quasi 5000 contatti, tra i quali molto sconosciuti, come la persona che si è resa protagonista del fatto”.

“Noi siamo abituati, nel silenzio o sotto i riflettori, come successo nei giorni scorsi, a subire la violenza, e non a praticarla. Siamo preparati ad affrontare qualsiasi critica politica. Non siamo disposti a farci carico di affermazioni in cui non ci riconosciamo fatte da sconosciuti. Criticai io stesso, in passato, l’operato del politico sardo del PD che augurò uno stupro a una atleta russa”, scrive ancora Caruso. “Ma si trattava di un politico. La frase incriminata, lo ripeto, è stata scritta da uno sconosciuto sulla mia bacheca, non da me, non da un militante, non da un tesserato ma da un utente generico medio di Facebook, uno di quelli che commentano le notizie nelle pagine Facebook dei quotidiani, anche con tanti insulti al sottoscritto, che in genere non vengono rimossi. Chi non vive su Facebook, sa quanto sia difficile tenere a bada i commenti. Consiglierei a Sardiniapost di controllare anche le offese rivolte al sottoscritto sulle proprie bacheche, anche in queste ore. Non sono abituato, a meno che io sia presente al momento, a controllare i vecchi post per rimuovere i commenti al limite, e in genere lascio anche critiche e insulti al sottoscritto. Il clima di inquisizione generale coi riflettori puntati sui commenti di terzi nei profili personali la dice lunga sul tipo di aggressione che sta venendo orchestrata a nostro danno su tutti i fronti. Nel merito della frase incriminata, ovviamente, mi esprimo in totale disaccordo con l’augurio di uno stupro e esprimo solidarietà a tutte le donne a cui viene augurato uno stupro, si chiamino Isinbayeva o Mulas, ci mancherebbe altro. Non posso non annotare che in questo caso non si è trattato di un augurio e non si è trattato di un politico, ma di un utente sconosciuto su Facebook, che non nomino per evitare che a sua volta subisca ritorsioni di qualsiasi tipo. Mi pare che la gogna pubblica lo abbia già massacrato abbastanza”.

Una delle caratteristiche della cosiddetta destra sociale è praticare una sofisticata forma di vigliaccheria che consiste nel non assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Il signor Caruso non fa eccezione. Infatti, dopo aver aizzato l’odio nei confronti di una giornalista (che lui chiama “giornalettaia”) e aver lasciato per ore un incitamento allo stupro sul proprio profilo Facebook, adesso prende la distanze dall’autore di quel commento.
La tardiva dissociazione è, però, un involontario elemento di chiarezza. Perché, evidentemente, il signor Caruso fa propri tutti gli altri commenti (che non ha cancellato): “Zecche rosse schifose (bruciate) a fuoco lento”; “come si chiama la baldracca?”, “giornalisti terroristi”.

Quanto al merito della questione, va detto che un altro tratto distintivo dei giovani estremisti è la totale ignoranza delle regole e dei meccanismi istituzionali. Alla base della manifestazione neofascista e salviniana c’era l’attribuzione al prefetto di Cagliari della volontà di ignorare i problemi della sicurezza per favorire l’integrazione. Questo – come ha chiarito in modo inequivocabile la nostra giornalista – attraverso una frase estrapolata dal contesto. Tecnica dilettantesca di manipolazione delle notizie che, nello specifico, non ha tenuto conto di un aspetto non secondario: se un prefetto sostenesse una sciocchezza simile, a rimuoverlo provvederebbe direttamente il ministero dell’Interno, senza dover attendere i consigli del signor Caruso.
Il quale, alla fine della sua ‘precisazione’, non riesce a contenere la sua simpatia per l’autore dell’incitamento allo stupro. E’ lui, poverino, la vittima di quanto è accaduto. Vittima, per la precisione, della “gogna pubblica”.
Quando non si ha senso del pudore, bisognerebbe avere almeno il senso del ridicolo.

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