Giornata della Memoria, settant’anni fa il mondo scopriva l’orrore di Auschwitz

Era il 27 gennaio del 1945 quando i soldati dell’Armata Rossa entravano ad Auschwitz: il campo di concentramento polacco era stato abbandonato dai tedeschi in fuga pochi giorni prima ma le prove dell’orrore erano ancora lì. In quegli istanti ciò che fino ad allora era un inquietante sospetto si trasformò in realtà: lo sterminio degli ebrei e degli oppositori al regime nazista era stato pianificato e messo realmente in atto in tutti i suoi raccapriccianti dettagli. Sono passati settant’anni da quella data e martedì in tutto il mondo si celebra la Giornata della Memoria, istituita in Italia con la legge 211/2000 per ricordare “la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Anche la Sardegna ha versato il suo doloroso tributo alla Seconda guerra mondiale: sono migliaia le vittime isolane del conflitto e tantissimi i sardi che per diversi motivi sono stati deportati nei campi di lavoro o nei lager di concentramento e sterminio. Tra questi, i 12mila militari finiti tra gli Imi, gli Internati militari italiani che rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale e furono per questo fatti prigionieri dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Su tutti gli altri isolani che videro con i loro occhi l’orrore dei lager nazisti ancora settant’anni dopo non si conoscono con esattezza numero, nomi e vicende: una parte della nostra storia che ci ha visto protagonisti e non solo osservatori marginali, eppure circondata ancora da ombre e silenzio.

Una delle ricerche più complete in questo senso viene dalla sede sassarese dell’Istituto Sardo di Storia della Resistenza: gli studiosi hanno incrociato numeri, notizie e cifre e hanno stilato un elenco di oltre 250 nati in Sardegna (o sardi di seconda generazione che vivevano nella penisola) deportati nei campi gestiti da tedeschi. Chi erano ce lo racconta Aldo Borghesi, studioso di Livorno ma sassarese di adozione, che qualche anno fa ha dato alle stampe ‘Sardi nella deportazione’ all’interno del volume “Deportati, deportatori, tempi e luoghi” pubblicato da Mursia e promosso dalla Associazione Nazionale ex Deportati: oltre ai perseguiti per motivi razziali, i Sardi che arrivarono nei lager nazisti erano quelli ritenuti “pericolosi per per la sicurezza del Reich“, soprattutto militari, carabinieri o guardie di finanza. Tra i civili ci sono gli oppositori del regime, i partigiani, i loro amici e familiari ma anche semplici civili vicini ai movimenti per la Resistenza; tra di loro, molti operai soprattutto giovani, e compare anche un religioso, il sacerdote sassarese don Mario Crovetti. La maggior parte di loro fu portata a Mauthausen ma i Sardi arrivarono anche a Dachau, Natzweiler, Buchenwald, Dora, Sachsenhausen, Flossenburg, Majdanek, Auschwitz.

Nella lista creata dall’Issr ci sono anche tre donne ebree deportate per motivi razziali: sono Vittorina Mariani, Zaira Coen Righi, Elisa Fargion. Vittorina fu l’unica a tornare salva in Italia, Elisa morì insieme al marito nella camera a gas di Birkenau, Zaira ad Auschwitz. Zaira Coen non era sarda ma si era trasferita nell’Isola dove insegnava al liceo sassarese ‘Azuni’: da qui fu allontanata in seguito alle leggi razziali del 1938 che vietavano impieghi pubblici agli ebrei. La scuola sassarese oggi le ha intitolato la sala della biblioteca.

Pochi i sopravvissuti che al rientro dai lager lasciarono la loro testimonianza ai posteri: tra questi don Crovetti, vissuto fino al 2003 e attivissimo nel divulgare la sua esperienza, Natale Biddau, di Ardara, scomparso qualche anno fa, che nel lager di Dachau perse il padre Giovannino, e il sassarese Vittore Bocchetta, oggi 96 anni, che dopo essere stato rinchiuso nel campo di Hersbruck riuscì a salvarsi dai Tedeschi scappando durante una marcia della morte.

Tra i testimoni anche Modesto Melis, nato a Gairo nel 1920: pochi mesi fa, a 94 anni, insieme al figlio Bruno ha deciso di tornare a Gusen, campo minore di Mauthausen in Austria, dove fu deportato come prigioniero politico.

Francesca Mulas

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share