Il “Bando per schiavi laureati”. Archeologi contro il Mibac

Gli addetti ai lavori contro il Mibac: “Un’elemosina indegna e umiliante per la cultura”.

“Il bando del Ministero per i Beni Culturali è solo un’elemosina indegna e umiliante per la cultura“. L’archeologo Carlo Tronchetti è stato a capo della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano e ha diretto per vent’anni il Museo Archeologico del capoluogo: migliaia e migliaia di reperti, dati di scavo, inventari e schede di catalogo sono passati sotto i suoi occhi, una vita dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale isolano. Le sue parole non possono che essere durissime a proposito del bando appena pubblicato dal Ministero per i Beni Culturali per cinquecento giovani laureati di tutta Italia: un anno di lavoro a tempo pieno “pagato” poco più di quattrocento euro mensili per catalogare e inventariare materiali e monumenti.

“Se il bando ministeriale ‘500 giovani per la cultura’ fosse stato emanato da un ditta privata, sicuramente questa sarebbe stata accusata ed indagata per sfruttamento dei lavoratori” – accusa Tronchetti – “Secondo il mio parere, basato sull’essere stato per più di venti anni responsabile della catalogazione nella Soprintendenza Archeologica di Cagliari e referente ministeriale per un progetto pilota di catalogazione informatizzata, posso dire con assoluta certezza e senza timore di smentita che questo bando, sotto il finto velo della “formazione” nasconde solo la volontà di sfruttare il lavoro di giovani altamente qualificati, pagandoli, se si può dire così, in modo indegno e umiliante, ed ha anche lo scopo in generale di gettare fumo negli occhi assegnando somme e ‘posti di lavoro’ nel settore della cultura. Con il personale delle Soprintendenze oberato dal lavoro ordinario, chi dovrebbe poi provvedere alla formazione? In quale modo, con quali strutture? La cultura ha bisogno di interventi strutturali, non di pelose elemosine”.

Più conciliante invece la posizione di Marco Minoja, attuale Soprintendente ai Beni Archeologici per Cagliari e Oristano: “Allo stato attuale le possibilità di lavorare nel settore dei beni culturali sono veramente ridotte, e forse questo bando ha creato un po’ troppe aspettative rispetto alle reali risorse. Dobbiamo considerare la notizia alla luce della situazione di crisi che stiamo vivendo, non sottovaluterei comunque la formazione all’interno di un ufficio ministeriale: di certo i cinquemila euro non sono un compenso e il lavoro è molto impegnativo, ma può essere un’esperienza positiva”.

L’iniziativa del Ministero, inserita nella legge 112 del 2013 su “Misure urgenti per la prosecuzione delle attività di inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano” ha già sollevato diverse iniziative di protesta nel web: su facebook è comparsa la pagina “500 schiavi“, su twitter informazioni e critiche si radunano sotto l’etichetta #500schiavi.

L’Assocazione Nazionale Archeologi ha firmato inoltre un comunicato che invita associazioni e sindacati a aderire a una  manifestazione nazionale in programma l’11 gennaio prossimo: “Il patrimonio culturale italiano ha bisogno di professionisti qualificati che vedano riconosciuto il proprio ruolo e la propria dignità; il Ministero ha bisogno di nuovo personale tecnico-scientifico che assicuri il ricambio generazionale e l’efficienza nella tutela e nella valorizzazione dei beni culturali. L’Italia non ha certo bisogno di cinquecento precari “usa e getta”. Inoltre – prosegue il documento – non ha senso formare nuovi catalogatori, giacché sul sito dell’Istituto Centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD) esistono lunghi elenchi di professionisti che da anni non ricevono incarichi: se proprio si voleva promuovere la digitalizzazione sarebbe bastato finanziare nuovi progetti. Considerata la sordità del Governo a fronte delle numerose proteste e degli appelli che continuamente vengono lanciati sul web, impugneremo il bando per chiederne l”annullamento al Giudice Amministrativo”.

Francesca Mulas

 

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