Archeologia, 430 reperti nuragici sequestrati dai carabinieri in Svizzera

Erano riusciti a far “uscire” dalla Sardegna numerosi reperti archeologici, spedendoli in Svizzera, ma i carabinieri del Nucleo Tutela del patrimonio Culturale di Cagliari, coordinati dal capitano Paolo Montorsi, sono riusciti a recuperarli. Sono ben 430 i reperti, prevalentemente del periodo nuragico, che gli specialisti dell’Arma sono riusciti a “rimpatriare”. I pregiati “pezzi”, da quanto si è appreso, erano stati messi in vendita oppure “mostrati” su alcuni siti Internet che i carabinieri hanno monitorato, riuscendo a rintracciare la nazione in cui si trovavano o erano stati spediti i reperti. Al momento nell’inchiesta non risulterebbero indagati, anche se l’attività dei militari non si è ancora del tutto conclusa.

I reperti sono il lascito testamentario a un comune del Nuorese da parte di una persona deceduta. L’attività investigativa è iniziata nel 2014 quando un notaio e un legale di Lugano per conto dell’assistito deceduto, hanno contattato la Soprintendenza archeologica della Sardegna per restituire al Comune indicato nel testamento i reperti. “Subito, appena contattati dallo studio legale, abbiamo iniziato la trattativa diplomatica terminata ai primi di aprile di quest’anno – ha spiegato il cap. Montorsi nel corso di una conferenza stampa -. Il legale svizzero ha incontrato il nostro Comando in provincia di Como e ci ha affidato i reperti posti immediatamente sotto sequestro. Reperti che ora sono al vaglio dei funzionari della Soprintendenza per cercare di risalire con esattezza all’epoca storica e al sito di scavo, verosimilmente un paese del Nuorese dove è stato commesso il reato”. Il comandante dell’Arma ha anche spiegato che per il momento resterà anonimo il Comune a cui è stato fatto il lascito testamentario e anche il nome della persona deceduta. “Per noi la cosa fondamentale è quella di capire come si è formata in Svizzera questa collezione e a chi è appartenuta – ha quindi concluso Montorsi -. Ricordiamo che la Svizzera da mezzo secolo a questa parte è un importante crocevia di reperti archeologici provenienti dall’Italia, grazie ai suoi porti franchi e alla ferrea normativa che protegge questa attività”.

Pugnali, spilloni, animaletti, bronzi a figura umana, navicelle, tutti di epoca nuragica, ma anche reperti metallici di età romana, dal secondo al settimo secolo dopo Cristo, come due stadere, campanelli, elementi di vestiario, orecchini e tanto altro. “Materiale frammentario ed eterogeneo, che ha riscontro in reperti simili rinvenuti in siti archeologici della Sardegna in particolare nel Nuorese”. Lo hanno detto i due funzionari della Sovrintendenza, Gianfranca Salis e Antonio Sanciu, che nel corso della conferenza stampa hanno illustrato i particolari dei 430 reperti rimpatriati dalla Svizzera. “Il grosso della collezione è di età nuragica – hanno spiegato i due esperti – alcuni pezzi sono stati danneggiati da restauri improvvidi, ma sembra che all’interno della collezione ci sia anche qualche falso. Stiamo cercando di effettuare analisi fisico-chimiche sui materiali, ma per noi è fondamentale che dall’attività investigativa arrivino altri particolari per fare uno studio più completo. E’ importante ad esempio sapere se tutta la collezione proviene dallo stesso sito scavato e dove si trovi”. Non è possibile quantificare il valore della collezione: “Dipende dall’epoca storica in cui sono stati acquistati – hanno precisato Salis e Sanciu -, se ovviamente sono stati pagati. Negli anni ’70 e ’80, per esempio, si spendevano cifre importanti per queste collezioni, cifre che si sono abbassate notevolmente negli ultimi anni”. “Quel che è certo – hanno sottolineato i carabinieri – è che si tratta di una delle più importanti collezioni di reperti archeologici rinvenute negli anni 2000”.

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