Le contestazioni di disciplinari rivolte ai dipendenti-testimoni si sono trasformate in un boomerang. E adesso anche la presidente dell’Aias (Associazione italiana assistenza spastici), Anna Paola Randazzo, è stata iscritta nel registro degli indagati nell’ambito dell‘inchiesta sulle violenze e gli abusi ai danni delle persone ricoverate nel centro di Decimomannu. L’ipotesi di reato avanzata dal pubblico ministero Liliana Ledda è quella di minacce oltre che di concorso in maltrattamenti personali.
In sostanza – secondo quanto riferisce il quotidiano Unione sarda oggi in edicola – la procura della Repubblica di Cagliari ritiene che la presidente dell’Aias con l’avvio dell’indagine disciplinare abbia voluto esercitare delle pressioni nei confronti dei dipendenti (sei o sette) che hanno riferito alla polizia giudiziaria le inumane prassi in uso nel centro di Decimomannu. E l’abbia fatto mentre lei stessa, per il ruolo ricoperto, può avere avuto delle responsabilità. Responsabilità che molto probabilmente attengono a un difetto di vigilanza.
Le motivazioni delle contestazioni disciplinari e dell’avvio di un procedimento che può anche concludersi col licenziamente, presupponevano invece la totale estraneità ai fatti dei vertici dell’Aias. Questo benché già fosse stato iscritto nel registro degli indagati il direttore amministrativo Vittorio Randazzo, fratello di Anna Paola ed ex consigliere regionale. In sostanza la presidente contestava ai dipendenti di non averla informata su quanto accadeva a Decimo. E di averle in questo modo impedito di interrompere quelle pratiche.
Opposta la visione degli investigatori. L’inchiesta della procura di Cagliari segue infatti due filoni paralleli. Da una parte è volta a ricostruire i fatti specifici avvenuti all’interno del centro di Decimo, dall’altra ad accertare se, e in che misura, quelle pratiche erano note ai vertici. I quali avrebbero agito per impedire che emergessero, esercitando pressioni anche nei confronti dei familiari dei pazienti.
E’ questa la convinzione di Maurizio Onnis, imprenditore originario di Samassi da anni residente in Svizzera, che ha denunciato nel corso di una puntata di ‘Chi l’ha visto?‘ le circostanze della morte del fratello Gianfranco nel centro di Decimannu. Onnis ha reso pubbliche delle immagini di Gianfranco col viso tumefatto e con segni di percosse sul corpo.
Onnis, per sostenere la battaglia per la verità sulla morte del fratello, ha aperto una pagina Facebook e avviato un sorta di indagine personale, entrando in contatto con i familiari di altri ricoverati. Da questi contatti ha ricavato la netta sensazione di un contesto di omertà. I familiari dei ricoverati, ha scritto, “hanno paura della famiglia Randazzo. Temono le ripercussioni sui loro parenti malati. Non parlano, non hanno coraggio. E aspettano me”. La paura è quella che i loro parenti siano rimandati a casa, da genitori e parenti anziani o comunque non in grado di accudirli.
Gli sviluppi dell’inchiesta fanno ritenere che anche Maurizio Onnis sarà interrogato come testimone.