Caso Sardinia Post, l’Ordine dei giornalisti: “Le querele annunciate sono un bavaglio”

Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna, ha scritto sabato mattina una lettera a Matteo Pinna, parigrado all’Ordine degli avvocati di Cagliari, in risposta alla presa di posizione di Pinna contro Sardinia Post.

Tutto nasce dalle Pec che il nostro giornale ha ricevuto da un legale del capoluogo, in seguito alla pubblicazione di alcuni articoli di cronaca politica regionale. Visto il tenore di quelle missive in posta certificata, il direttore di Sardinia Post, Guido Paglia, ha deciso di rendere pubblico il contenuto attraverso editoriali in varie puntate dal titolo “False smentite e intimidazioni” (si possono leggere alla fine di questo pezzo). Da lì l’intervento di Pinna a cui ha replicato Birocchi.

Precisiamo che solo oggi rendiamo pubblica la lettera del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna per ragioni di garbo istituzionale: visto il Ponte del 25 aprile, era doveroso attendere che l’Ordine degli avvocati di Cagliari riprendesse la propria attività e non trovasse la lettera del presidente Birocchi, sempre molto attento anche a questi dettagli, prima sul giornale e poi nella propria Pec.

Gentile avvocato,

ho letto con interesse la lettera inviata il 21 aprile u.s. al direttore responsabile e alla società editrice del periodico Sardinia Post, avente per oggetto “articolo pubblicato on line il 20 aprile 2022 su Sardinia Post, con il titolo “False smentite e intimidazioni, atto secondo”. La ringrazio perché, essendo l’Ordine dei giornalisti della Sardegna in indirizzo p.c., mi sento in dovere di intervenire, proponendo una mia breve riflessione sul ruolo del giornalista e sui rischi che corre la libera informazione nel nostro Paese. Tutto ciò, senza entrare nel merito della vicenda citata e con il massimo rispetto per i protagonisti (volontari e involontari) in essa coinvolti: il presidente della Regione Christian Solinas, l’avv. Salvatore Casula, suo legale, ma anche la collega Alessandra Carta, autrice di alcuni articoli e il direttore di Sardinia Post, Guido Paglia.

Devo ricordare, innanzitutto a me stesso, che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata  dall’osservanza delle norme di legge dettate dalla personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede …  (art.2 Legge 69/1964)”. Ogni giornalista è dunque pienamente consapevole, quando si accinge a scrivere un “pezzo”, di quali siano i propri diritti e i propri doveri. Ricordo altresì che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge… (Art. 3 della Costituzione)” e che “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva…. (Art. 27 della Costituzione)”.

Richiamo questi principi perché sentirsi accusare di aver commesso un delitto, senza che nessun giudice si sia mai pronunciato in merito, diventa davvero insopportabile, anche per un giornalista. 

Avviene però che, talvolta, la parte che si considera offesa prometta querela (in genere per diffamazione) con preannuncio di richiesta di risarcimenti  (talvolta talmente elevati da apparire persino improbabili). 

Querele di questo tipo, anche solo annunciate, noi giornalisti le definiamo “querele bavaglio”, perché, sortiscono inevitabilmente l’effetto di intimidire il giornalista coinvolto il quale, pur convinto delle proprie ragioni, e senza aver subito alcuna condanna giudiziaria, si senta minacciato e rinunci consciamente o inconsciamente a proseguire le proprie inchieste con la indispensabile serenità. Mentre il querelante, anche in caso di assoluzione del giornalista, se la caverà, al massimo, con il pagamento delle spese giudiziarie.

Naturalmente non si vuole qui mettere in discussione il sacrosanto diritto alla difesa, con tutti i mezzi consentiti dai codici. Ma, specie quando il terreno diventa il confronto tra politica e giornalismo, taluni atteggiamenti finiscono per essere inaccettabili e rischiano di sortire effetti diversi da quelli che ci si era proposti.

Credo che l’argomento, al di la del caso di questi giorni, meriti di essere approfondito. Il rapporto tra giornalisti e classe forense, specie nella nostra città e nella nostra regione, è stato sempre ottimo. Vale la pena, io credo, di fare un passo ulteriore in direzione del confronto che accresca la conoscenza dei rispettivi punti di vista di due professioni protette costituzionalmente e riconosciute indispensabili per la società nella quale viviamo. 

In attesa di poterci incontrare, porgo i saluti più cordiali

Francesco Birocchi

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