Andranno a processo i cinque capi militari che, dal 2009 al 2014, hanno avuto la responsabilità sul poligono di Teulada. Il rinvio a giudizio lo ha deciso oggi il Gup di Cagliari, Giuseppe Pintori, malgrado la richiesta di archiviazione da parte del pm Emanuele Secci.
Proprio per via della posizione assunta dal pubblico ministero, era tutt’altro che scontato l’epilogo di oggi, un obiettivo di giustizia su cui hanno lavorato per anni gli avvocati Giacomo Doglio, Roberto Peara, Gianfranco Sollai e Caterina Usala. I quali più di due lustri fa hanno raccolto le testimonianze di morte e malattia presentate dai residenti a Teulada. Esposti diventati adesso processo e destinati a fare storia. Perché questa del Gup Pintori è la prima imputazione sui veleni del poligono affacciato a ovest, lungo la costa meridionale della Sardegna.
Nell’udienza di oggi si sono anche costituite parte civile la Regione e le associazioni ambientaliste: l’una è considerata parte offesa in quanto organo di governo dell’Isola, le altre lo sono per statuto. Infatti tra i legali che hanno portato al rinvio a giudizio di oggi, c’era solo Peara, perché difende Legambiente insieme a Diego Aravini. Carlo Augusto Melis ha rappresentato il Gruppo di intervento giuridico, mentre Bachisio Mele il ‘Comitato Gettiamo le basi’. Per la Regione c’era Angela Serra.
Sul banco degli imputati salgono Giuseppe Valotto, capo di Stato maggiore dell’Esercito dal 2009 al 2011; Claudio Graziano, il successore, in carica dal 2011 al 2015; Danilo Errico, capo del 3° Reparto Rif dal 2008 al 2013; Domenico Rossi, sottocapo di Stato maggiore dal 2010 al 2013; Sandro Santroni, comandante dell’Esercito in Sardegna sino a ottobre 2010.
Davanti al Gup Pintori, l’udienza preliminare si era aperta il 6 maggio 2022. Dopo oltre un anno di discussioni e qualche rinvio, ecco il verdetto che chiude il primo round di una battaglia legale in cui il cuore del disastro ambientale ipotizzato è la famigerata Penisola Delta, da 2,8 chilometri quadrati. Talmente inquinata che né i militari né i civili possono entrare. Una terra perduta che per anni ha raccolto la spazzatura dei giochi di guerra. Era la ‘zona bersaglio‘, quella. Solo tra il 2009 e il 2014 sono finiti lì 686mila colpi. Tra artiglieria pesante, missili e razzi. Colpi diventati 860.624 se si conteggiano anche il 2008, il 2015 e il 2016. Sempre sparati dagli eserciti di mezza Europa.
Il rosario dei disastri è nella relazione dello stesso Pm che dal 2019 riconosce sì i danni ambientali, ma poi ha chiesto il non luogo a procedere per i militari sostenendo che questi abbiano fatto il proprio mestiere. Ovvero si siano preparati alla guerra attraverso le esercitazioni. Il magistrato inquirente, come risulta dalle relazioni dei periti incaricati, ha accertato “il mutamento grave della morfologia del territorio” nonché il “deterioramento” e la “compromissione di porzioni di suolo”. Stesso discorso “sull’alterazione dell’equilibrio degli ecosistemi”, altro elemento chiave nei rinvii a giudizio di oggi.
La prima spallata alla richiesta di archiviazione è datata agosto 2021. Un verdetto storico. La Gip di Cagliari, Alessandra Tedde, smonta pezzo dopo pezzo la ricostruzione del magistrato inquirente e chiede l’imputazione coatta per i cinque militari dando ragione agli avvocati Doglio, Peara, Sollai e Usala. La Gip fa tabula resa dell’indulgenza del Pm e riconosce la possibilità del disastro ambientale perché tutti i rifiuti bellici della Penisola Delta si sono accumulati per via di “esigue o omesse attività di bonifica“, collocabili con verosimiglianza nel periodo antecedente al 2008”. E infatti i residui delle esercitazioni sono “sepolti nel terreno”.
Con la richiesta di imputazione coatta dei capi militari per disastro ambientale, il faldone dei veleni è finito un anno fa nelle mani del Gup Pintori che oggi ha deciso il rinvio a giudizio. E soprattutto scritto un’altra pagina storica sui veleni di Teulada. Perché “l’inquinamento irreversibile” della Penisola Delta è un lascito dei giochi di guerra e non può non avere responsabili.