In caso di nuove elezioni politiche – come ormai sembra scontato (resta solo da capire solo la data) -, in Sardegna rispetto al voto del 4 marzo non cambierebbe quasi per nulla la distribuzione tra partiti dei 25 seggi che spettano alla nostra Isola. L’unica piccola modifica, se si verificassero precise condizioni che spieghiamo in seguito, riguarderebbe il centrodestra, ma con una staffetta tutta interna alla coalizione e senza toccare il numero complessivo di parlamentari.
La proiezione elettorale l’ha costruita per Sardinia Post Abramo Garau, ex direttore della Provincia di Cagliari e presidente per dieci anni, dal ’90 al 2000, del Coreco e del Cocico: Comitato regionale di controllo l’uno, mentre il secondo svolgeva le stesse funzioni a livello circoscrizionale, ma sempre sulla legittimità degli atti di enti locali, comunità montane, Asl, camere di commercio, consorzi industriali e quelli di bonifica, nonché le aziende di soggiorno quando esistevano.
Garau ha simulato il nuovo quadro politico, che è poi risultato pressoché identico all’attuale, utilizzando come schema di analisi le variazioni di consenso contenute entro una soglia del 5 per cento, sia in crescita che in diminuzione. Questo perché è difficile che nel giro di pochi mesi un partito acquisti o perda più di questa quota di voti. Ma di qui la sorpresa.
Dalle urne 4 marzo, attraverso i collegi plurinominali, quelli dove si vota il listino e non il nome dell’unico candidato in corsa come avviene nelle circoscrizioni uninominali, è venuta fuori la seguente attribuzione dei seggi: alla Camera il Movimento Cinque Stelle ha eletto cinque deputati, di cui tre nel collegio Sud Sardegna (Emanuela Corda, Andrea Vallascas e Lucia Casu) e due in quello Nord (Alberto Manca e Paola Deiana); il Pd ha conquistati due scranni con Romina Mura e Gavino Manca rispettivamente; idem Forza Italia che ha piazzato al Sud Ugo Cappellacci e al Nord Pietro Pittalis; un seggio a testa per Lega e Fratelli d’Italia con Guido De Martini e Salvatore Deidda, entrambi in corso nel collegio meridionale. Il totale dei deputati nelle circoscrizioni plurinominali è pari a undici.
Se alle prossime elezioni il M5s dovesse perdere o aumentare fino al 5 per cento dei voti, avrebbe lo stesso numero di deputati, cinque appunto, così come il Pd che resterebbe a quota due. L’unica variazione avverrebbe nel centrodestra se la Lega crescesse del 4,5 per cento e Forza Italia diminuisse del 3. In questo caso, il partito di Salvini conquisterebbe un seggio al Nord a scapito di Forza Italia: ci sarebbe, per usare le stesse liste del 4 marzo, l’uscita di Pietro Pittalis e l’ingresso del gallurese Dario Giagoni che, peraltro, ha presentato ricorso contro l’esito delle Politiche. Oppure se Forza Italia calasse del meno del 3 per cento e i Fratelli d’Italia dello 0,5, il posto alla Camera lo prenderebbe la Lega ma a scapito degli Fdi: vorrebbe dire fuori Salvatore Deidda e dentro sempre Giagoni.
A Palazzo Madama, dove col Rosatellum si eleggono cinque senatori attraverso il collegio plurinominale unico, non ci sarebbe invece alcuna variazione, nemmeno minima: i Cinque Stelle resterebbero a quota due (l’hanno spuntata Ettore Licheri ed Elvira Lucia Evangeslista, mentre Pd, Forza Italia e Lega manterrebbero un seggio a testa, conquistato il 4 marzo da Giuseppe Luigi Cucca, Emilio Floris e Christian Solinas rispettivamente.
La spiegazione di questo quadro pressoché immutato deriva dalla grande distanza che i Cinque Stelle, vincitori assoluti delle urne nell’Isola, hanno accumulato rispetto agli altri partiti: alla Camera il movimento ha chiuso al 42,49 per cento contro il 14,83 del Pd, il 14,79 di Forza Italia, il 10,79 della Lega e il 4,02 dei Fratelli d’Italia. Quindi con cinque punti di variazione, in aumento e in diminuzione, può cambiare la posizione tra Partito democratico e le forze di centrodestra, ma non tale da non consentire a tutti di non conquistare almeno un seggio né a M5s di perdere deputati. Stesso discorso al Senato: i Cinque Stelle hanno raccolto il 42,15, mentre il Pd ha preso il 15,31, Forza Italia il 14,09, la Lega l’11,59 e i Fratelli d’Italia il 4,29.
Perché in Sardegna cambi qualcosa rispetto agli equilibri attuali, servirebbe una nuova rivoluzione dal parte degli elettori dopo quella del 4 marzo che è valsa già un cambio di passo straordinario rispetto alle Politiche del 2013, tanto da far parlare di una migrazione sarda dei voti (leggi qui).
Alessandra Carta
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