L’assessora e le altre donne: le “collusioni” descritte dal Pm. E torna il nome di Temussi

Alessandra Carta

Il pm Andrea Vacca, titolare dell’ultima inchiesta sulle nomine in Regione, lo scrive una volta e un’altra ancora il termine “collusione”. E indica proprio un’azione congiunta nella scelta degli ingaggi decisi a tavolino, un remare nella stessa direzione a cui non concorrono solo gli uomini. A venire fuori è pure una spregiudicata gestione del potere da parte delle donne che “colludendo”, ripete il magistrato inquirente, accettano quasi mutuamente “l’induzione indebita”. Ma a vario titolo i ventuno sotto accusa devono rispondere pure di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, falso e abuso d’ufficio.

E se Massimo Temussi, manager sassarese capace di cavalcare qualunque onda politica, esercita il ruolo di dominus maschile sulle nomine, sul fronte femminile, sempre stando all’avviso di conclusione indagini, lo stesso ruolo sembra ricoprirlo Anita Pili, l’assessora all’Industria, quota Sardegna 20venti, che nei suoi uffici di via XIX Novembre fa e disfa a piacimento. L’ex sindaca di Siamaggiore ha ricevuto un avviso di garanzia per l’assegnazione di due posti da dirigente, posti da assegnare con una procedura concorsuale ma di cui si conoscevano in anticipo i nomi dei designati. In un caso addirittura è spuntato un trombato dell’ultima ora. Non solo: perché tutto quadrasse, i commissari esaminatori e le commissarie esaminatrici non venivano scelti casualmente, sostiene ancora il Pm.

La prima delle due nomine – quella per diventare capo del servizio ‘Attività estrattive e recupero ambientale’ – è persino finita davanti al Tar che, quando l’inchiesta della Procura non era nemmeno immaginabile, ha dato ragione al terzo incomodo, il candidato escluso, mai voluto, ma il più titolato. Gli altri due, entrambi indagati, Nicola Giuliani e Gianfranco Porcu, erano rispettivamente il più gradito nella fase iniziale e quello a cui la Pili ha imposto di consegnare la vittoria finale, sempre stando alla ricostruzione del Pm.

Giuliani aveva alcuni sponsor fuori dal Palazzo: imprenditori che tifavano per lui e lo conoscevano per questioni di lavoro, in quel versante dove pubblico e privato si incrociano. Tra loro Barbara Porru, Giancarlo Orrù ed Emilio Fiorelli, impegnati nel settore estrattivo e in quello degli inerti. Poi ecco gli industriali che per il Pm hanno fatto da mediatori, Maurizio De Pascale e Marco Santoni. E ancora la Dg della Sanità, Francesca Piras, e la funzionaria Damiana Palmira Pedoni: l’una commissaria, l’altra segretaria delle terna chiamata a fare la selezione. Entrambe hanno “accettato l’induzione indebita rivoltale da Pili e Temussi e colludendo con loro”. Non solo: come nell’organizzazione emersa sul caso Aspal, torna pure Silvia Cocco, la Dg degli Affari generali, sempre indicata dal Pm come quella che finge di nominare gli esaminatori, quando invece la direttrice generale si presta a seguire ordini impartiti da altri. Perché l’obiettivo è avere in commissione “quelli convenienti al proprio disegno criminoso”, scrive ancora il Pm.

Di certo, “la Pili istigava e induceva il presidente della commissione e un altro componente – è ancora riportato nell’atto del Pm – a farsi consegnare oggetto, tema e tenore delle domande della prova orale, per poi trasmetterli a Pasquale Onida“, ex onorevole, uno dei padri politici della Pili nonché suocero di Porcu.

L’ultimo tassello sistemato dal magistrato inquirente ha riguardato l’assegnazione del posto da dirigente nel servizio ‘Politiche di sviluppo, ricerca industriale e innovazione tecnologica’. Anche in questo caso, la Pili è indagata e con lei la Cocco e Temussi.

Per il magistrato inquirente, una cartina di tornasole sulla cooptazione in Regione è data anche dal numero di volte che è cambiata la commissione. Un valzer che ha fatto ballare i verbali nel giro di pochi mesi, per sostituire dirigenti pubblici non considerati più allineati. È successo per esempio a Giuliano Patteri, Dg dell’Industria per un anno, dal 2019 al 2020, poi cacciato perché in rotta di collisione con la Pili. Patteri, infatti, non è indagato. Diversa invece la posizione di Gianluca Calabrò, altro fedelissimo nella fase iniziale, poi dimissionario dopo un anno di mandato negli uffici della Pili. Ma Calabrò non è rimasto fuori dai giochi degli ingaggi sospetti, stando ancora una volta alla ricostruzione del pubblico ministero che lo ha indagato, e anzi lo considera uno di quelli che ha sostenuto l’induzione indebita della Pili insieme a Temussi e alla Cocco. Nella commissione che ha mutato la composizione per ben quattro volte, sono sempre rimasti Temussi e la Cocco.

Infine: con l’ultima chiamata entrò pure Gabriella Massidda, ex Dg dei Trasporti, attuale segretario generale della Regione, totalmente fuori dall’indagine. Idem Eugenio Annicchiarico, altro dirigente Aspal stimato da Temussi (proprio l’altro giorno Annicchiarico è stato nominato Dg del Centro regionale di programmazione. (2. Continua)

Alessandra Carta

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