La Fondazione coopta Cabras

 

Come se niente fosse. Come anticipato da Sardinia Post l’operazione Banco-Fondazione va avanti. E così, con un simbolismo perfetto, la notizia dell cooptazione dell’ex senatore del Partito democratico nella Fondazione del Banco di Sardegna – primo passo per la sua nomina alla presidenza – è arrivata proprio mentre a Sassari era in corso un convegno dedicato al tema della separazione dei partiti dalle banche e dalla fondazioni.  Un dibattito tra gli esperti più autorevoli – economisti del calibro di Tito Boeri e Luigi Guiso – e i politici che (Arturo Parisi e Mario Segni), per primi hanno segnalato quanto stava accadendo in Sardegna. Ponendo una serie di domande che ancora non hanno avuto risposta.

Riassumendo. Il caso si apre ormai più di un mese fa quando Parisi e Segni, con una lettera che appare su La Nuova Sardegna,  segnalano che secondo voci ricorrenti nel mondo politico sta per essere messa in atto un’operazione altamente impopolare di questi tempi. In pratica uno scambio di poltrone. Organizzato così: Antonello Arru, presidente della Fondazione del Banco di Sardegna, andrà alla presidenza dell’istituto bancario. E il suo posto sarà preso da Antonello Cabras, senatore del Partito democratico fino all’ultima legislatura.

Un’operazione che chiama in causa il Partito democratico, al quale tutti i protagonisti fanno riferimento. In caso diventa nazionale, al punto che interviene il responsabile economico del Pd, Stefano  Fassina, per definire ‘inopportune’ le nomine, in particolare con riferimento al passaggio di Cabras alla guida della Fondazione. Il Pd si divide anche in Sardegna. Col segretario regionale Silvio Lai che sostanzialmente difende l’operazione (in nome della difesa della ‘sardità’ del Banco) e praticamente tutto il resto del partito che in un modo o nell’altro la critica.

Ma il problema non è solo quello, evidente, della inopportunità politica del passaggio immediato, sostanzialmente senza soluzione di continuità, di un senatore del Pd alla guida della Fondazione. Il problema (ed è stato uno dei temi discussi ieri a Sassari) è anche quello generale del rapporto tra la Fondazione e l’Istituto bancario.

Il Banco di Sardegna attualmente è diviso tra la Banca popolare dell’Emilia Romagna (che ha il 51 per cento) e la Fondazione del Banco di Sardegna (che ha il restante 49 per cento). A parte il problema delle nomine, la tesi di chi contesta l’assetto attuale è che la Fondazione dovrebbe diversificare l’enorme massa di denaro (circa 350milioni di euro) che ha investito nell’Istituto. Sicuramente, si fa notare, ne ricaverebbe maggiori utili e avrebbe più risorse per svolgere i suoi compiti istituzionali.

Questo era già da tempo un argomento di discussione. Che è diventato un argomento di aspra polemica con la notizia del passaggio di Antonello Arru dalla guida della Fondazione a quella dell’Istituto. Notizia successiva alla stipula di una serie di ‘patti parasociali’ tra i due soci del Banco di Sardegna – cioè Fondazione e Banca popolare dell’Emilia Romagna – che andrebbero solo a vantaggio di quest’ultima. Questo il pesantissimo sospetto lanciato nella famosa lettera a doppia firma da Parisi e Segni (e ribadito da Parisi in un’intervista a Sardinia Post). Sospetto al quale Arru non ha replicato ufficialmente. Ma ambienti a lui vicini lo descrivono indignato e, nello stesso tempo, sereno.

Questo il quadro. Mentre il dibattito va avanti, anche con iniziative di grande livello come quella organizzata ieri a Sassari dalla “Fondazione Antonio Segni”, va avanti anche l’operazione. Il 19 di questo mese i due soci (ripetiamo: Fondazione del Banco di Sardegna e Banca popolare dell’Emilia Romagna) nomineranno il nuovo consiglio d’amministrazione dell’Istituto. E’ composto da quindici membri, sei indicati dalla Fondazione e nove dalla Bper. Uno di loro sarà Antonello Arru. Che – come previsto – diventerò presidente dell’Istituto (e anche consigliere d’amministrazione della Bper).

A quel punto resterà vacante il posto di presidente della Fondazione. La scadenza naturale (in assenza, cioè del passaggio di Arru all’Istituto) sarebbe stata tra un anno. E, infatti, nei giorni scorsi si era ipotizzata una fase di reggenza da parte del vicepresidente Franco Mannoni. Anche per far sbollire le polemiche e arrivare alla nomina di Cabras in un momento meno caldo. La cooptazione fa pensare che si sia tornati al progetto originario.

Nicolò Businco
La notizia è di ieri: Antonello Cabras è stato già cooptato nella Fondazione Banco di Sardegna, il primo passo per la sua nomina alla presidenza. L’operazione era data per certa, nonostante le polemiche che hanno spaccato il Centrosinistra negli ultimi mesi, ma proprio per quello c’era qualche dubbio, ora fugato, sulla tempistica. All’assemblea dei soci del Banco di Sardegna, il 20 di questo mese, Antonello Arru diventerà presidente dell’azienda bancaria al posto del professor Franco Farina e lascerà il suo posto ad Antonello Cabras. Dal momento in cui la Nuova aveva dato la notizia del cambio ai vertici del maggiore istituto di credito della Sardegna, si è riaperto il dibattito sulle Fondazioni, volute agli inizi degli anni 90 da Giuliano Amato il quale commentò con ironia: «Ho creato dei mostri». Da allora non è mai stata spezzata la catena banche-politica e non è mai stato portato a termine il processo di privatizzazione che avrebbe dovuto fare uscire le Fondazioni dal capitale delle banche. Sulla nomina di Cabras e Arru, il Centrosinistra si è spaccato, non sulle persone ma sull’opportunità di nominare due politici. Prima divisione tra Pd e Sel che sollecitava un rinnovamento. Seconda divisione tra Pd sardo e Pd nazionale: era il 12 marzo scorso quando il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, giudicava «inopportuna» la nomina di Antonello Cabras. Ma i contatti tra Roma e Cagliari non sono stati sufficienti: il segretario del Pd sardo, Silvio Lai, ha respinto l’ingerenza in nome dell’autonomia del partito. Il Banco di Sardegna, con la sua grande storia alle spalle, non può essere considerato un istituto locale; è molto di più e per questo in tanti avevano chiesto che si desse un segnale per rompere la catena di controllo che lega le banche alla politica

 

e

 

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