Arturo Parisi è considerato l’inventore delle Primarie ed è uno dei fondatori del Partito democratico. Uno strenuo difensore dell’ispirazione originaria, quella che portò Romano Prodi alla guida del Paese. E’ stato tra i pochi a uscire volontariamente, per scelta, dalla giostra delle candidature alle Politiche. Ma non ha smesso di vigilare e di intervenire. Con Mario Segni ha levato il coperchio da una pentola che in Sardegna bolliva da mesi senza che nessuno osasse farlo notare: quella delle nomine dei vertici della Fondazione e del Banco di Sardegna. Il web è letteralmente esploso di commenti, la stampa locale molto meno. Il mondo politico da giorni non parla d’altro, ma nelle segrete stanze. In questa intervista Parisi spiega le ragioni della sua iniziativa e, soprattutto, sollecita un dibattito pubblico. “Se l’opinione pubblica non prende la parola anche da noi e nel centrosinistra – dice – il grillismo finisce per l’essere l’unica alternativa”.
In un articolo apparso su la Nuova Sardegna, lei ha posto, assieme a Mario Segni, una serie di domande sulle relazioni tra la Fondazione e il Banco di Sardegna. A conclusione dell’articolo avete precisato che le domande erano rivolte all’opinione pubblica e agli ‘organi della fondazione’. Avete avuto qualche risposta. E se sì, da chi?
clausole da cui è facile capire il vantaggio per la Bper, uno dei contraenti, ma non si capisce il beneficio per la Fondazione. Se nel patto si offre un diritto di prelazione alla Bper nel caso di vendita delle azioni in capo alla Fondazione, ovviamente c’è un beneficio per la Bper. Giusto? Ma cosa ci guadagna la Fondazione a concedere questa opzione alla Bper? Il nostro scopo era quello di offrire l’occasione ai dirigenti di spiegarsi in pubblico contrastando il sospetto che a trarre vantaggio dal patto siano soggetti diversi dalla Fondazione dalla Comunità. Proprio perché l’attuale assetto normativo consente ai gruppi dirigenti di operare al riparo dal dibattito pubblico con ampi margini di discrezionalità nonostante siano al servizio della Comunità, la trasparenza è – come dice la Carta che ho prima citato – l’unica garanzia che consente ai dirigenti delle Fondazioni di giustificare che le loro scelte siano state effettuate “nell’interesse proprio e delle comunità di riferimento“.