Christian Solinas ha scelto Facebook per confezionare la propria autodifesa sulle operazioni immobiliari che lo riguardano e su cui la Procura di Cagliari ha aperto un’inchiesta. Il presidente della Regione ha pubblicato ieri sera un lungo post nel quale accusa Il Fatto Quotidiano di aver montato “un caso mediatico fondato su ricostruzioni parziali e strumentali, su allusioni e accostamenti suggestivi, su gravi omissioni che orientano una lettura fuorviante“. Tuttavia il governatore, forse nella fretta di bloccare sul nascere le polemiche, omette di precisare alcuni aspetti che, paradossalmente, rischiano di diventare un ulteriore oggetto di verifica da parte della magistratura.
A saltare all’occhio è la vicenda dei tre ettari in zona edificabile ed uno in area agricola venduti da Solinas nel 2013 a Capoterra, Comune in cui ricade Poggio dei Pini, il borgo dove il governatore ha vissuto sin da piccolo. Il giornale di Marco Travaglio ha puntato i fari nei giorni scorsi per dire che nemmeno in quel caso (come accaduto con l’edificio storico da ristrutturare), il capo della Giunta sarda firmò il rogito.
A farsi avanti nell’acquisto ecco Antonello Pinna, titolare dell’omonima srl di Trasporti e Logistica, un big isolano in un settore economico di cui Solinas si era occupato da assessore. Da febbraio 2011 a marzo 2013 il presidente della Regione era stato il titolare dei Trasporti nella Giunta di Ugo Cappellacci. Due mesi più tardi, il 30 maggio, la firma del preliminare sulla compravendita.
Solinas vende a Pinna quei 40mila metri quadrati per 400mila euro, valore quasi interamente quantificato per i tre ettari in zona edificabile, visto che i circa 10mila metri quadrati in zona agricola vengono valutati dalle parti 15mila euro. Per cominciare a mettere le mani sulla proprietà, contestualmente alla firma del contratto preliminare Pinna versa a Solinas 200mila euro attraverso quattro assegni da 50mila euro ciascuno. È la caparra confirmatoria, con la quale si usa bloccare un affare in base all’articolo 1385 del Codice civile che, in caso di inadempienza, prevede la restituzione di una somma doppia se a far saltare l’operazione è il venditore; quando invece la mancata firma del rogito è imputabile all’acquirente, questo perde la caparra versata.
Proprio attraverso il preliminare, Solinas e Pinna avevano fissato al 30 maggio 2014 la firma dell’atto di compravendita, termine oltre il quale sarebbero scattate le disposizioni dell’articolo 1385, salvo un diverso accordo tra le parti. Solinas ha scritto su Facebook: “Voglio sottolineare che non si è mai addivenuti alla stipula dell’atto definitivo (quindi come ha correttamente scritto da Il Fatto Quotidiano), in quanto il compianto promissario acquirente è venuto a mancare; il contratto preliminare è stato però consensualmente risolto con gli eredi, ai quali ho restituito per intero la caparra a suo tempo versata mediante rogito notarile regolarmente registrato”.
Solinas, quindi, non trattenuto la somma versata da Antonello Pinna, a differenza di quanto avrebbe potuto. Tuttavia Pinna è morto nell’aprile del 2016, quindi ventitré mesi dopo la data ultima fissata per la firma del rogito (30 maggio 2014). E si tratta di un aspetto sostanziale che non risulta nel post del presidente. Il quale scrive del decesso di Pinna, ma non lo colloca temporalmente sebbene l’elemento risulti fondamentale per ricostruire la vicenda. Specie quando si percorrere una strada scivolosa di un’inchiesta giudiziaria, anche se Solinas non è indagato. Il fascicolo è stato aperto con il modello 45, ovvero la registrazione di atti privi di rilevanza penale.
Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato la prima puntata dell’inchiesta venerdì 17 settembre. Solinas ha risposto solo ieri sera, dando ai sardi la sua spiegazione, come chiesto dal nostro giornale attraverso un editoriale a firma del direttore Guido Paglia e come sollecitato dal consigliere regionale Massimo Zedda.
Alessandra Carta
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